è un amore platonico quello descritto ne La morte a Venezia, il film di Luchino Visconti, grandissimo regista, tratto dall’omonimo libro, è un amore struggente, fa piangere e fa riflettere. È la stessa affinità elettiva di cui parlerà il buon Goethe. Non parlano mai, Gustav e il ragazzo, eppure com’è che si dice? Uno sguardo vale più di mille parole, no? I due si guardano, magnetici e si innamorano, un gioco di sguardi intimi e profondissimi mentre a Venezia e in tutto il mondo impazza questo orribile morbo: il colera. Come sta accadendo oggi con il Covid. Ma Gustav rimane a Venezia a godere del sole, del volto idealizzato e angelico del giovane e muore ammalato di colera e pene d’amore. Si lascia morire. non si cura, non migliora, muore guardando quel giovane che gli ha preso il cuore e il tramonto se ne va e lui muore.