Nicola è il titolare di un’enoteca storica del nostro quartiere, quella di via Nicolai 278. Il suo papà, sin dall’età di 8 anni, fu dipendente dell’azienda vinicola Romito. Trasportava tutti i giorni il vino nelle botti con un triciclo, arrivando fino a Mungivacca. Poi, nel 1953 diventò il gestore della rivendita e nel 1972 ne acquistò la licenza, lavorando fino all’età di 80 anni e lasciando quindi l’attività al figlio negli anni Novanta. La famiglia Romito era proprietaria dell’intero immobile dove si trova il negozio e dove Nicola è nato nel 1962. Ha un figlio che frequenta l’università e al quale non lascerebbe mai il suo
posto, ritenendolo un mestiere troppo faticoso e sacrificante, benché gli abbia permesso di vivere sempre dignitosamente. Da ragazzo aveva davanti a sé la carriera di calciatore, che vide però sfumare a causa di un infortunio. Gli piaceva molto anche la meccanica e correre in motocicletta, e questa è rimasta solo una passione che continua a coltivare come e quando può. Il suo è un ruolo riconosciuto nel circondario, è benvoluto da tutti e questo lo rende felice. I suoi ricordi del quartiere da ragazzo sono quelli di strade vissute molto più liberamente e intensamente, ma soprattutto senza grosse pretese. In passato, c’era molta più pazienza nell’attesa del momento giusto per ogni cosa, ciò che nel tempo presente si è perso. Nicola avverte oggi la marginalità del Libertà, sia in polemica con quelle che ritiene soluzioni di facciata come “giardini e giostrine”, sia nello scetticismo verso le pedonalizzazioni. Ritiene che andrebbero trovate misure di maggiore utilità come parcheggi e soluzioni per il traffico soffocante in un quartiere tanto popoloso. Rileva anche l’influenza
sui nostri problemi dei fattori dell’educazione e dell’istruzione, ancora ad un mediocre livello. L’enoteca è frequentata da “gente medio-adulta, lavoratori soprattutto… tutta gente tranquilla”. È un luogo di ritrovo, non solo una rivendita, specie al mattino e nel tardo pomeriggio. Nicola nutre un’ambizione, per il futuro, cioè di utilizzare una parte del locale anche per la somministrazione di cibi, pur non riconoscendo nel suo pubblico attuale una grande preferenza per questa innovazione.