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Lo scorso 23 aprile si è tenuto un incontro presso la sala Florio dell’istituto salesiano Redentore intorno al volume “Futuro fragile futuro possibile-educare al tempo del chiaroscuro”, della prof.ssa Chiara Scardicchio, docente di Pedagogia ed Educazione degli adulti a Bari, nei corsi di laurea di Medicina. Introdotto dalla prof.ssa Antonella Cioce (intervistata nel nostro n.64) della Piccola Comunità Kairòs, ha avuto anche un momento di confronto con gli intervenuti sul concetto di fragilità e su quello di futuro. Tra le accezioni di fragilità, una persona l’ha definita elemento importante per accompagnare nella crescita i più piccoli, in quanto caratteristica di ciò che è più prezioso. Tra le accezioni di futuro, abbiamo ascoltato fra le altre quella di speranza, di progettualità che dia un senso al nostro vivere, di cammino, di eternità, di raggiungimento di qualcosa di cui abbiamo già piantato i semi. Fra i temi della riflessione di Chiara Scardicchio, la mutazione della nostra idea di futuro che, se prima era soprattutto opportunità, si presenta oggi spesso come paura e tormento. Collegato a questo discorso è il concetto di identità, dotato di senso solo nella relazione, in quanto esperienza del limite, quest’ultimo a sua volta sostanza della natura umana. Perché il futuro sia possibile cioè, dobbiamo accompagnare i nostri figli nella costruzione del loro sé, affinché questo possa prevedere una prospettiva di vita, ma che non sia slegata dall’idea di confine. E ciò lo possiamo fare nutrendo la loro sfera emotiva, dando loro significati che includano tanto i nostri “sì” quanto i nostri “no”. Il genitore che dice al figlio “tu puoi tutto” genera un adulto infelice, che non saprà gestire il rapporto con gli altri né con i propri limiti ed errori. Ne è un esempio la rinuncia a portare i bambini ai funerali, la rimozione cioè della morte dalle nostre vite, ciò che ci fa dire che il dolore che ne deriva vada superato, quando invece andrebbe attraversato, pronunciato, riempito di senso; il trauma deriva dall’idea che il dolore non abbia via di scampo, non che faccia molto male. Dunque, offrire un significato all’evento tragico è l’unico modo per affrontarlo senza farsene travolgere. Gli intermezzi musicali sono di G. Bizet.