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«Calciosociale è un progetto di inclusione sociale. È cambiare le regole del calcio per ridiscutere le

regole del mondo».

Parole speciali di una persona speciale, Massimo Vallati, un sognatore forse, ma con le idee

chiarissime e un’ambizione che in un buona parte è stata già costruita e raggiunta.

Un obiettivo, una missione, uno scopo, si potrebbe chiamare in tanti modi, più semplicemente, la

consapevolezza di fare del bene per stare bene, tutti assieme.

Siamo a Roma, quartiere Corviale, zona a sud-ovest della città, distante circa 10 chilometri dal

Colosseo. La periferia grigia, quella che trasuda angoscia, cosparsa di crimine, degrado e

malavita, dove il cemento soffoca e annienta il germogliare della vita, senza che i bambini

possano godersi l’orizzonte e il cielo, intrappolati tra palazzi che ingabbiano senza un reale

confine.

Più precisamente siamo sotto al Serpentone, controversa opera architettonica lunga ben 958

metri e costruita a scopo di edilizia sociale. Il classico blocco immenso di appartamenti, ormai

quasi tutti occupati abusivamente. Per tanti è un’altra Scampia, un’altra vela sgonfia che non

viaggia verso alcuna destinazione.

Ma è proprio nella malinconia di questo quadro spettrale, in cui il tempo sembra scorrere a

velocità ridotta, che il calcio e l’amore hanno saputo riportare gioia, aggregazione, condivisione.

«I principi e i valori proposti da Calciosociale si esprimono attraverso il gioco del calcio inteso

come metafora della vita: riusciamo così a promuovere i valori dell’accoglienza, del rispetto delle

diversità, della corretta crescita della persona e del sano rapporto con la società.

Lavoriamo affinché i bambini, i ragazzi e gli adulti recuperino il gusto dell’onestà e siano esempi

positivi per un corretto sviluppo della comunità.

Ogni nostra iniziativa ha uno scopo prettamente pedagogico, di elevato spessore qualitativo e dal

valore psico-terapeutico: la nostra attenzione è rivolta sulle capacità e non sugli handicap presenti

nei soggetti considerati difficili».

Non a caso, la struttura di Calciosociale si chiama Campo dei Miracoli.

Su questo prato sintetico si gioca un calcio diverso, rivoluzionario, quasi inconcepibile, ma al

tempo stesso unico e speciale, come ricorda Massimo.