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Toni Capuozzo presenta il suo libro “Nessuno più canta per strada” (Edizioni Biblioteca dell’Immagine), una raccolta di articoli che narrano gli anni Ottanta. 

L'autore conversa con Giacomo Pilati, curatore della rassegna Trapanincontra.

Trapanincontra 2024

20 febbraio, Biblioteca Fardelliana, Trapani

Toni Capuozzo, una figura di spicco del giornalismo italiano, con un ricco background che spazia dalla carta stampata ad importanti telegiornali televisivi, condividerà le sue esperienze e riflessioni maturate durante trent'anni di copertura mediatica dei conflitti globali. Il libro si focalizza sul periodo degli anni '80 in Italia, offrendo uno sguardo retrospettivo sulle sfide e i cambiamenti di quel tempo attraverso gli articoli che hanno testimoniato la trasformazione di un'epoca.

Trapanincontra è una rassegna organizzata dal Comune di Trapani e dalla Biblioteca Fardelliana, con la direzione editoriale a cura del giornalista e scrittore Giacomo Pilati.

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Nessuno più canta per strada
di Toni Capuozzo
Dedicato a chi ancora ricorda d’aver cantato per strada, ad alta voce senza vergogna, e a volte con allegria.» Toni Capuozzo - Ah no, questo libro non è nostalgia. Quella l'ho provata quando non dovevo, ed ero un ragazzo. Nostalgia di posti dove non ero mai stato per davvero, che uscivano da libri per l'infanzia... Stavo crescendo in una cittadina piatta, e senza magia, e gliela costruivo attorno a dettagli che sbiadivano ogni giorno un po' come vecchie cartoline. Non c'era più il cortile del cesso alla turca. Poi al cinema avevano tolto la televisione dal palcoscenico. Al bar Rio non arrivavano più i militari americani. E con loro se n'era andato il primo juke box... Era un mondo semplice, quell'Italia, che non sapeva di essere sul punto di diventare passato per sempre. E così sono arrivati gli anni Ottanta. Trent'anni dopo, quando si è smesso di cantare, senza che lo avessimo deciso o ci fosse stato imposto, è riuscito naturale. No, non sono uno che disprezzi il presente, o vagheggi un passato più felice di quanto apparisse allora, in corso d'opera. Non mi ostino a fermare il tempo. Solo mi chiedo il perché del silenzio di quei canti randagi. Non è stata la radio a farli zittire, c'era anche allora, e usciva dalle case come un profumo di cucina. Non è stata la prepotenza dei canti collettivi, in una gita in pullman, in un corteo politico. Sono cori attutiti anche quelli, adesso. Non sono state le cuffiette dello smartphone e neppure il Karaoke. Le piccole città e le città grandi, e tutta l'Italia, a un certo punto ha semplicemente smesso di cantare, imbambolata. Ho provato a raccontare questo nostro paese.