“Che gli uomini siano ingrati, volubili e pavidi, è cosa nota. Ma che da questa miseria si debba trarre una scienza del potere, è ciò che rende Machiavelli ancora oggi urticante.”
In questa lezione torniamo a misurarci con una delle riflessioni più radicali del pensiero politico occidentale: il rapporto tra sfortuna e crudeltà, tra ciò che non possiamo controllare e ciò che dobbiamo saper usare, anche contro i codici morali comuni.
Machiavelli ci invita a guardare in faccia la crisi, non come disgrazia, ma come condizione necessaria perché la virtù — quella vera, operante, fondata sull’azione — possa emergere. Il tempo ordinario conserva; la crisi crea. E chi è capace di leggere la crisi, può usarla per farsi spazio.
Ne parliamo attraverso due figure chiave: Francesco Sforza, che conquista il potere con la sola forza della propria virtù, e Cesare Borgia, che lo riceve in dono dalla fortuna e lo perde per un rovescio di sorte, nonostante il suo agire impeccabile. Due traiettorie opposte, due facce dello stesso problema: si può davvero dominare la fortuna?
Poi c’è la crudeltà. Quella che, secondo Machiavelli, serve. Purché sia ben dosata, calibrata, finalizzata alla stabilità. Meglio essere amati o temuti? Lui ha una risposta. E noi ci interroghiamo, anche nel nostro piccolo: un professore, un genitore, un leader — quanto deve essere pietoso e quanto invece inflessibile?
Una lezione che attraversa la storia, ma scava nella contemporaneità. Perché anche oggi, mentre ci illudiamo di vivere in tempi stabili, le crisi non mancano, e la fortuna continua a cambiare faccia.