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In questa lezione prendiamo in considerazione la rivoluzione dei Giovani Turchi, una nuova generazione di intellettuali che prova ad invertire il declino dell'impero ottomano guardando all'Occidente europeo: la loro ricetta consiste nel passare da un sultanato ad uno stato liberale, efficiente, moderno, industriale ed aperto al mercato, comprimendo in un tempo brevissimo un cammino lungo più di un secolo di storia europea. Si ritiene necessaria una complessiva occidentalizzazione del costume e della società per far ritornare competitivo un organismo politico illustre ma logorato ed anacronistico. L'idea è di per sé astrattamente giusta e c'erano prove in giro per il mondo che la conversione al sistema occidentale poteva produrre maggior competitività e accrescere la potenza: si pensi al caso del Giappone, oppure a quello - di là da venire - della Russia sovietica. La storia ci dimostra, tuttavia, che nello specifico della situazione ottomana l'effetto concreto fu quello di un ulteriore indebolimento dell'impero e di una accelerazione nello smottamento complessivo delle province balcaniche, già drasticamente ridimensionate nell'estensione rispetto al passato. Si scatenano così due guerre: la prima che vede gli stati balcanici compatti contro gli Ottomani, la seconda combattuta fra gli stessi stati balcanici per ridefinire i confini reciproci. In questa cornice l'Austria fa passi avanti, inglobando la Bosnia Erzegovina, prima semplice protettorato. E proprio nella capitale bosniaca avviene l'attentato a Francesco Ferdinando d'Asburgo-Este. Con questo assassinio Gavrilo Princip intendeva non soltanto uccidere un simbolo dell'odiato dominio straniero, ma anche impedire che avesse corso il progetto trialistico, considerato una minaccia alla prospettiva di uno stato jugoslavo veramente autonomo, unito e indipendente.

In copertina: Mustafa Kemal Pascià nel 1923, comandante in capo dell'esercito turco.