I Mondiali di calcio del 1938 sono stati molto di più di un evento sportivo. Sull’Europa soffiavano già venti di guerra, e la stessa geografia calcistica, insieme a quella politica, ne fu stravolta. A quei Mondiali torna anche il Brasile, stavolta con una formazione ben più temibile di quella dei due campionati precedenti, quando era sempre stato eliminato al primo turno. Stavolta i sudamericani, nella prima partita, incontrano la Polonia. Il Brasile subisce ben quattro reti, ma ne segna cinque. Il protagonista della goleada carioca si chiama Leonidas, è insuperabile nell’area di rigore ed è conosciuto in patria come “Diamante nero”: nero, come la sua pelle. Non era così scontato che la maglia da centravanti dovesse andare sulle sue spalle. Soltanto cinquanta anni prima, in Brasile vigeva ancora la schiavitù. E i calciatori di pelle nera dovettero attendere a lungo prima di poter essere inclusi nelle squadre più importanti del paese.
Molti studiosi hanno sottolineato come la nazionale di calcio del 1938 abbia contribuito a rendere la società brasiliana più patriottica, ma anche più aperta e orgogliosa della sua composizione multi-etnica. Accanto alle testimonianze giornalistiche e sociologiche di questo entusiasmo popolare, ne troviamo altre di natura letteraria. Una è quella di Gilka Machado.
Oggi la ricordano in pochi. Ma tra il 1915 e il 1928 pubblicò alcune raccolte che fecero scandalo: sia per il rifiuto delle forme poetiche della tradizione, sia soprattutto per la tematica erotica, per la rivendicazione del corpo e del piacere femminile in una società assediata dal machismo.
Rimasta vedova a soli 30 anni, Gilka Machado restò tutta la vita al di fuori degli ambienti letterari brasiliani. Le difficoltà della vita adulta diradarono le sue pubblicazioni e modificarono sensibilmente anche i temi delle sue ultime raccolte. L’ultima di esse composta integralmente di versi inediti s’intitola Sublimaçao ed esce nel 1938. Sono versi di ispirazione civile che raccontano la vita della classe operaia e delle donne afro-brasiliane, in una società che vive tutte le contraddizioni della modernizzazione avviata negli anni ‘20. L’esigenza di affermarsi, in questa raccolta, come una donna del suo tempo, le permette di tematizzare, con uno sguardo critico, anche l'identità nazionale, e, con essa, lo sport. Lo fa rendendo onore a quella nazionale impegnata oltreoceano a mostrare la gioia e la fantasia del calcio brasiliano. Rivendicando, addirittura, il potere di incanto e di pacificazione universale che appartiene al calcio brasiliano, più di ogni altra “opera d’arte o di scienza”. Ma senza perdere di vista l’impegno civile che caratterizza quella raccolta poetica. E infatti gli unici due calciatori menzionati nei suoi versi sono anche gli unici calciatori afro-brasiliani di quella nazionale: Leonidas e Domingos. Sono loro, e soltanto loro, a rappresentare il paese, a imprimere – come recitano i suoi versi – “nello sguardo dello straniero / quella realtà meravigliosa / che è l’uomo brasiliano”.