L’antico territorio palestinese, quello della nazione d’Israele, è stato descritto come una terra in cui scorrono latte e miele, un paese di frumento e orzo, di viti, fichi, melograni e di olio d’oliva. Secondo la Baker Encyclopedia of Bible Plants, “nell’antica Palestina le viti erano molto abbondanti, infatti, semi d’uva sono stati trovati nella maggior parte, se non in tutti, i siti” su cui sono stati condotti degli scavi.
Le vigne della Terra Promessa erano così produttive che anche durante la conquista degli eserciti di Nabucodonosor, re di Babilonia, fu registrato un abbondante raccolto di vino e frutti estivi.
Per produrre una grossa quantità di vino, i contadini israeliti dovevano prendersi diligentemente cura delle loro vigne. Un documento descrive cosa faceva un tipico vignaiolo: scavava il suo appezzamento di terreno collinare e rimuoveva eventuali grosse pietre prima di piantare una vite rossa pregiata.
Quindi erigeva un muro di pietra, usando le pietre che aveva rimosso dal terreno. Questo muro fungeva da protezione per la sua vigna, evitando che fosse calpestata dal bestiame nonché da volpi, cinghiali e ladri. Inoltre, scavava un torchio e costruiva una torretta da usare per viverci durante la vendemmia. All’interno dell’edificio il clima era fresco. Infatti, nel periodo della vendemmia le viti avevano bisogno di una maggiore protezione. Dopo tutto questo lavoro preliminare, ci si poteva aspettare una buona vendemmia.
Per garantire un buon raccolto, l’agricoltore potava regolarmente la vite, aumentando la produttività, e zappava il terreno, tenendo a bada erbacce, rovi e spine. Innaffiava la vigna durante i mesi estivi se le piogge primaverili non fornivano sufficiente umidità.
Il periodo della vendemmia di fine estate era un momento di grande gioia. Non è strano che molti si mettessero a cantare qualche ghittit. Qualcuno pensa che questo termine tecnico musicale significhi “strettoi del vino”, indicando quindi i canti della vendemmia. Anche se l’uva serviva per fare il vino, gli israeliti mangiavano il frutto quando era ancora fresco. Preparavano anche l’uva passa, ovvero essiccavano il frutto, che poi trasformavano in focacce dette schiacciate.