Gran parte della terminologia musicale internazionale è nata in Italia. E prima della sua nascita? Una delle lingue che più hanno influito nella terminologia musicale antica è di sicuro l’ebraico. Oggi scopriremo il significato di una parola che si incontra leggendo i Salmi della Bibbia, ovvero mictàm. Secondo i linguisti, questa parola significherebbe “salmo di espiazione”.
Comunque, non tutti sono d’accordo. Anzi, secondo altri linguisti sarebbe una parola dal significato oscuro e di etimologia incerta. La usò Davide per indicare forse il genere musicale a cui appartenevano 6 dei suoi salmi, di solito numerati come 16, 56, 57, 58, 59 e 60.
Le ipotesi sul significato del termine ebraico mictàm sono tante.
I lessicografi Koehler e Baumgartner ritengono che mictàm sia una variante della parola accadica katamu, che significa “coprire”; secondo loro il significato corretto sarebbe “salmo di espiazione”. (Lexicon in Veteris Testamenti Libros, p. 523). È interessante che questo verbo in inglese si traduca “cover”, parola utilizzata oggi per indicare un brano originale arrangiato ed eseguito da una persona diversa rispetto il suo autore o il suo interprete originario; la stessa parola indica la “copertina” di un album musicale. Quindi, “mictàm” indicherebbe un canto o un salmo destinato a coprire, o espiare, il peccato, la colpa o l’impurità.
L’espiazione è implicita perché i salmi mictàm di Davide contengono parole che fanno riferimento a lamenti. Comunque, riflettono anche la sua gratitudine e la sua fede in Dio.
Anche il re Ezechia, discendente di Davide, si dilettava a scrivere musiche da cantare. Una delle sue composizioni è definita mictàm. La scrisse “quando si ammalò e poi guarì dalla sua malattia” (Isa. 38:9-20).