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L’apostolo Giovanni era uno dei dodici. Era figlio di un pescatore galileo che si chiamava Zebedeo e di Salomè, una delle donne che seguivano e sostenevano Gesù e i suoi discepoli (Matteo 27:55-56; Marco 15:40 e segg.) Ha scritto il suo Vangelo, l’Apocalisse e tre lettere di cui due alla chiesa in generale e una a un certo Gaio. Ha assistito al miracolo dell’acqua trasformata in vino in Cana di Galilea, ma prima di unirsi definitivamente a Gesù tornò per qualche tempo a fare il pescatore (Matteo 4:21-22; Marco 1:19-20; Luca 5:8-11).

Agli inizi del suo ministero Giovanni aveva un carattere turbolento, come suo fratello Giacomo, e Gesù li aveva soprannominati entrambi “Boanegers”, che significa figli del tuono (Marco 3:17). Il Vangelo di Marco racconta che essi, andando ad evangelizzare insieme a Gesù e agli altri discepoli un villaggio della Samaria che non li aveva voluti ricevere, chiesero a Gesù di poter far scendere fuoco dal cielo per distruggerli tutti (Luca 9:54). Concessione chiaramente negata. Anche Giovanni, come tutti gli altri discepoli, dovette subire una profonda e radicale trasformazione nel carattere e nel modo di pensare. Con la dispensazione dello Spirito Santo egli divenne un grande testimone di Gesù Cristo, del suo ministero e del suo Regno. Nel suo vangelo si identifica come il discepolo che Gesù amavae durante l’ultima cena era colui che teneva appoggiato il capo sul petto di Gesù. Dalla croce Gesù gli affidò la cura di sua madre dicendo: “Giovanni, ecco tua madre” e a Maria: “Donna, ecco tuo figlio” (Gio. 19:27).

La sua trasformazione è evidenziata dal contenuto dei suoi scritti e proprio per la dolcezza e l’amore che traspare dalle sue parole viene riconosciuto universalmente come l’apostolo dell’amore. Insieme a suo fratello Giacomo e a Pietro è stato fra i più intimi di Gesù ed ha fatto con loro delle esperienze molto importanti: assistette alla trasfigurazione di Gesù (Matteo 17 e paralleli) e fu chiamato con gli altri due a pregare per Gesù nel Getsemani (Matteo 26:37).

Ha iniziato a seguire Gesù giovanissimo. Intorno all’anno 30 aveva probabilmente una ventina d’anni e scrisse il suo vangelo a 80 anni circa, quando era ancora ad Efeso. È l’unico apostolo a non aver subito il martirio; suo fratello Giacomo è stato il primo martire fra gli apostoli, imprigionato e fatto decapitare da Erode Agrippa nell'anno 44,  Giovanni è stato esiliato a Patmos dall’imperatore Domiziano verso la fine del primo secolo, per impedirgli di predicare il Vangelo. Patmos è un’isola deserta nel mar Egeo.

Giovanni aveva svolto il suo ministero pastorale a Efeso e fu sicuramente iniziatore delle chiese delle altre sei città vicine, destinatarie delle sue lettere (Apocalisse 2-3). Alcuni accenni permettono di credere che egli fu sollecitato a scrivere questo evangelo dagli anziani e dai credenti dell’Asia proconsolare che aveva per capitale Efeso.

Quando Giovanni scrisse il suo vangelo era sicuramente a conoscenza degli altri tre, di cui riporta qualche passaggio, ma a loro differenza ci mostra un Cristo meno terreno e più divino e già nei primi versi tende a dimostrare che Gesù Cristo è Dio, creatore di ogni cosa e autore di salvezza per chiunque crede in lui. I miracoli descritti hanno lo scopo di indurre il lettore a credere che Gesù è Dio e tramite la fede in lui ottenere la salvezza (20:30-31)