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È da notare come spesso le parole di Gesù vengano interpretate in maniera letterale e non spiritualmente. Gesù usa esempi comprensibili a tutti per raffigurare verità celesti, come ad esempio l’acqua in questo caso, ma anche la buona semenza, il grano e le zizzanie, l’albero che non dà frutto, ecc. ma spesso la gente non riesce a comprenderne i profondi significati spirituali. In quel caso, i discepoli che erano andati a comprare del cibo, quando si sentirono rispondere da Gesù che egli aveva un altro cibo da mangiare, pensarono che qualcuno gliene avesse dato, mentre Gesù intendeva dire “Ora ho altro da fare, devo fare la volontà del Padre, ho delle anime da salvare”. Le cose di Dio si giudicano e si comprendono solo per mezzo dello spirito.

La donna, entusiasta di aver incontrato il Messia, lascia il suo secchio e corre al villaggio per dirlo a tutti i suoi concittadini; era andata a prendere l’acqua, ma la sua gioia è talmente grande che le sue necessità materiali passarono in secondo piano. Così dovremmo fare anche noi: quando Dio ci apre una strada verso il cuore di qualcuno da salvare, dobbiamo lasciare tutte le nostre abituali priorità, come in questo caso mangiare e bere, e dedicarci completamente all’opera che Dio ci affida, dobbiamo tenere le “orecchie” dello spirito attente alla Sua voce ed agire senza indugio.

Ciò che segue dimostra che i Samaritani erano molto più aperti dei Giudei e dei Galilei; erano gli scartati, gli emarginati, non conoscevano Dio (Voi adorate ciò che non conoscete…) e pertanto erano esclusi dal popolo di Dio, ma erano in trepidante attesa del Messia. Quando essi sentirono la testimonianza della donna subito accorsero per conoscere Gesù, il quale, vedendoli arrivare in massa, si rivolse ai discepoli dicendo: “Non dite voi che ci sono ancora quattro mesi e poi viene la mietitura? Ebbene, vi dico: alzate gli occhi e guardate le campagne come già biancheggiano per la mietitura… Io vi ho mandati a mietere là dove voi non avete lavorato; altri hanno faticato, e voi siete subentrati nella loro fatica”.

È evidente l’allegoria: il frumento sarebbe stato pronto da mietere di lì a quattro mesi, ma la mietitura di cui parlava Gesù erano la raccolta di quelle anime da salvare: erano mature per accettare l’evangelo.

La donna samaritana, nonostante la sua condizione morale, seppe accettare la Parola di Dio e riconoscere il Messia; l’entusiasmo suscitato da questa scoperta l’aveva resa all’istante un’evangelista che seppe convincere un intero villaggio. Nelle chiese spesso si fanno grandi studi su come evangelizzare, si studiano metodi e nuove strategie, si dispiegano ingenti forze di persone e di denaro, spesso con scarsi risultati; quella donna, adultera, emarginata fra gli stessi emarginati, spinta dall’entusiasmo della fede ha visto un grande miracolo: la propria salvezza e quella dei suoi concittadini.

Gesù aveva seminato, sicuramente l’aveva fatto anche qualcun altro prima di lui (probabilmente Giovanni battista), i discepoli avevano partecipato alla raccolta e insieme si rallegrarono. Paolo, in 1 Cor. 3:6, disse: Io ho piantato, Apollo ha annaffiato, ma Dio ha fatto crescere.

Un’altra importante osservazione riguarda il fatto che i samaritani di Sichar credettero prima per la testimonianza della donna, ma ascoltando le parole di Gesù maturarono la loro propria convinzione che Gesù era il Messia promesso. Quando evangelizziamo le persone dobbiamo fare in modo che acquisiscano una fede personale e maturino un rapporto personale con Dio. La vicinanza ai neofiti di gente spiritualmente matura è sicuramente utile per incoraggiare, consigliare, istruire, ma lo scopo principale è che ognuno arrivi a maturare un rapporto diretto e personale col suo Salvatore; le persone che si convertono per la nostra testimonianza non appartengono a noi, ma a Cristo.