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Le epistole ai Galati e ai Romani sono comunemente denominate le “epistole della salvezza”. Entrambe hanno molti punti in comune e trattano principalmente l’argomento della salvezza che si ottiene mediante la fede e non per le opere della Legge.
L’epistola ai Galati è stata scritta da Paolo mentre questi si trovava a Corinto, durante il suo soggiorno di tre mesi in Grecia. Siamo intorno all’anno 56 d.C., alla fine del suo terzo viaggio missionario e poco prima del suo arresto a Gerusalemme e trasferimento a Roma.
La Galazia era la zona corrispondente grosso modo all’odierna Turchia. I galati erano popoli barbari venuti anticamente dalla Gallia, l’odierna Francia, e occupavano la parte settentrionale della Turchia. La Galazia era all’origine un piccolo territorio, ma i suoi confini furono allargati quando divenne provincia romana. Paolo vi fondò nella parte meridionale (che non faceva parte dell’antica Galazia) le chiese di Antiochia di Pisidia, Iconio,  Listra e Derba e probabilmente era a queste chiese che aveva indirizzato la sua lettera.
Già al tempo della fondazione di queste comunità, Paolo incontrò non pochi contrasti dai giudei che vivevano in quella zona, molti dei quali, anche dopo la conversione a Cristo, si rivelarono come falsi dottori allontanando i credenti dalla verità del Vangelo e dalla libertà in Cristo. Questo è il motivo dell’epistola: richiamare i credenti alla verità dell’unico Vangelo, originariamente predicato da Paolo e dai suoi compagni d’opera. L’epistola ai Galati è l’unica in cui Paolo ha soltanto parole di biasimo e fu scritta da lui personalmente e non da altri collaboratori sotto sua dettatura. Anche questo particolare ci fa comprendere quanto Paolo fosse alterato nello spirito a motivo degli “insensati galati”.