In questa lezione ci occupiamo di altri due grandi personaggi dell’umanesimo. Leon Battista Alberi, lontano dalla metafisica tradizionale, ritiene che la ricerca del sapere sia frustrante, e che l’arte possa rappresentare una consolazione di fronte all’incapacità di conoscere l’universale. Egli stesso era un architetto ed esalta la capacità dell’essere umano di essere “faber”, artefice del proprio destino. Anche lui, come molti altri in questo periodo, riflette sul rapporto tra virtù e fortuna. Fedele alla tendenza umanistica verso la valorizzazione di un cristianesimo pratico e mondano, Alberti considera la virtù non come una facoltà statica e contemplativa, bensì come l’arte di eccellere nella società e nel lavoro. Lorenzo Valla recupera in chiave cristiana l’antico epicureismo. Sostiene che gli atomi non siano eterni, ma creati da Dio, e che esista un’anima immortale. Ma nonostante queste differenze, egli sostiene che l’epicureismo pagano sia la dottrina più vicina al cristianesimo. Infatti anche la visione beatifica di Dio in paradiso è una forma di piacere. Quindi non vi è nulla di strano nel sostenere che il cristianesimo abbia come fine il piacere. Si tratta di un piacere celeste, e non di un piacere terreno. Tuttavia Valla considera apprezzabile anche il piacere fisico, e su questa base costruisce una forma di modernissimo utilitarismo edonistico. In ultima analisi infatti il piacere (“voluptas”) inteso come “utilitas”, è lo scopo anche della morale e della politica. Lorenzo Valla critica in maniera complessiva la scolastica, “a favore di un cristianesimo dei semplici” scevro da dottrine complesse. Come molti del suo tempo inoltre critica fortemente il libero arbitrio a favore della predestinazione. Al termine si dà conto dell’importanza di Lorenzo Valla come filosofo.