All’interno del “Fedone” Platone si produce in tre prove dell’immortalità dell’anima. La prima richiama la dottrina della metempsicosi, la terza la teoria dell’Idee-forme. Risulta evidente che l’anima, sostanza semplice e immateriale, somiglia alle Idee-forme, e rappresenta uno (non l’unico) degli strumenti che Platone cerca di utilizzare per creare un collegamento tra i due livelli dell’essere. Platone riecheggia teorie pitagoriche non solo riguardo la metempsicosi, ma anche nella visione dell’anima come strutturalmente separata ed eterogenea rispetto al corpo, più nobile del corpo. L’anima è principio di movimento e di vita. Senza l’anima, il corpo è solo materia bruta e inerte. Oltre al dualismo ontologico e gnoseologico, quindi, Platone introduce un terzo dualismo: quello antropologico. Mentre nel “Fedone” l’anima è descritta come unitaria, e sembra aver solo la funzione di pensare e di conoscere, nella “Repubblica” Platone introduce la sua celebre tripartizione dell’anima: oltre alla parte razionale, l’anima si compone di una parte volitiva e di una parte desiderativa o concupiscibile. Vi è una gerarchia precisa tra le tre parti dell’anima, ma ciò non vuol dire che una parte più nobile possa inibire una meno nobile. Al contrario, ogni parte dell’anima deve poter svolgere le proprie funzioni senza invadere il compito delle altre. In questo equilibrio delle parti dell’anima, controllato da quella razionale, consiste la virtù, per ottenere la quale è necessario uno stretto rapporto tra maestro e allievo.