La prima opera di Kierkegaard delinea i tre possibili stadi dell’esistenza. Soltanto due di essi, la vita estetica e la vita etica, vengono chiaramente illustrati. Il terzo stadio, la vita religiosa, viene solo accennato nel finale.
L’uomo estetico prende la vita come un gioco, resta sempre alla superficie senza mai realizzarsi nella concretezza. La sua caratteristica è la disperazione, la sua personalità è frammentaria e non suscettibile di evoluzione. Il seduttore è il simbolo della vita estetica.
Al contrario l’uomo etico, rappresentato dal giudice Wilhelm, è caratterizzato da serietà e capacità di scelta. Il matrimonio è il suggello di questa possibilità di esistenza, che si attua nella comunità e nei compiti tipicamente borghesi.
Potrebbe sembrare che la vita estetica sia del tutto desiderabile. In realtà la vita estetica è limitata. Essa è in conflitto con la vita religiosa e non può cogliere l’idealità. Infatti quando l’uomo etico sceglie, la sua libertà si rivela fittizia, perché ciò che viene scelto è già stato posto dal Signore. Quando si sceglie il proprio io, lo si scopre gravato dal peccato originale. Non c’è soluzione, se non abbandonarsi alla vita religiosa.