Dopo aver revocato dal dubbio le idee dell’intelletto grazie alla dimostrazione dell’esistenza di un Dio che non mi inganna, Cartesio passa a trattare il problema dell’esistenza dei corpi. In questo caso Dio non può rendere i sensi affidabili, perché la loro incertezza è insita nella loro finitezza.
Cartesio dimostra dapprima che l’esistenza dei corpi è possibile, giacché l’estensione, che è l’unica caratteristica oggettiva dei corpi, mi sembra un’idea innata (infatti esistono nozioni di corpi geometrici che riesco a cogliere con l’intelletto ma non con i sensi); poi spiega che l’esistenza dei corpi è altamente probabile, per via della facoltà dell’immaginazione, che sembra essere l’esito di sensazioni che dall’esterno si imprimono nell’intelletto; infine raggiunge la certezza dell’esistenza dei corpi, invocando la veracità di Dio: se nella mia mente esistono due idee nettamente distinte, pensiero ed estensione, Dio che non mi inganna mi garantisce che esse debbano necessariamente esistere anche nella realtà. Quindi Cartesio risolve la questione in base al criterio delle idee chiare e distinte. L’esistenza dei corpi non implica che i sensi non mi ingannano, quindi la loro conoscenza non ha valore scientifico; tuttavia l’intelletto può accorgersi dei casi in cui i sensi non corrispondano alla realtà, e correggere le loro informazioni. Questa dimostrazione nel corso della storia della filosofia è sempre stata considerata debole. Si è sostenuto che Cartesio non abbia dimostrato l’esistenza dei corpi in maniera convincente.