L’eterno ritorno dell’uguale viene definito da Zarathustra il pensiero più abissale, il più centrale. Tuttavia (o forse proprio per questo) egli non lo spiega chiaramente. L’interpretazione più accreditata fa riferimento al tempo. In un tempo ciclico infinito la ripetizione eterna di ogni attimo, in tutte le sue combinazioni possibili, rende l’attimo meritevole di essere vissuto in sé; senza che esso risulti collegato al passato e al futuro, come avviene nel tempo lineare finalistico ed escatologico dei cristiani. L’attimo è privo di senso, ma proprio per questo modo acquista un nuovo tipo di senso che non punta ad un fine. Solo il superuomo può desiderare la ripetizione eterno dell’attimo, anche quando questo fosse doloroso.