Dopo la coppia materia/forma, parliamo di un’altra famosa coppia concettuale che Aristotele adopera per spiegare i fenomeni naturali: potenza/atto. Un ente in potenza è suscettibile di esprimere le caratteristiche che per natura sono insite in esso, ma che in prima battuta non si vedono; cioè di realizzarsi in atto. Ad esempio, il seme è il frutto in potenza, mentre il frutto è il seme in atto. Anche in questo caso, il finalismo è potentemente presente. L’atto realizza il fine della potenza. Un ente in potenza non può trasformarsi in qualunque altro ente, ma solo nell’ente che realizza le sue finalità intrinseche. Il passaggio dalla potenza all’atto è la realizzazione di un fine. Un ente potenziale può anche non attualizzarsi. Come nel caso delle quattro cause, o della coppia materia/forma, anche potenza e atto sono concetti relativi: il fiore può essere l’atto del seme, ma nello stesso tempo la potenza del frutto. È evidente la somiglianza della potenza con la materia, e della forma con l’atto. Come in altri casi, accade che Aristotele elabori questi strumenti per interpretare la natura fisica, ma poi li utilizzi anche in metafisica, nella dottrina della conoscenza, nella cosmologia. Nella “Metafisica”, infatti, Aristotele approfondisce le nozioni di potenza e atto, arrivando alla conclusione che, in maniera simile a quanto avviene nel caso della forma nei confronti della materia, l’atto prevale sulla potenza. In tre sensi: secondo la sostanza, secondo la conoscenza, e secondo il tempo.