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L’interpretazione libera e letterale della Bibbia, predicata dai leader della Riforma, non è esente da problemi e contraddizioni. Di fronte al formarsi di tante sette con idee divergenti da quelle di Lutero e Calvino, le quali provocano spesso sovversione politica e sociale, questi ultimi reagiscono mostrando intolleranza. Ognuno, così dicono, ha il diritto di formarsi liberamente la sua visione del cristianesimo: tuttavia, quando questo accade, spesso i malcapitati vengono considerati eretici, perseguitati, uccisi. Questo avviene soprattutto nella prima fase della Riforma. In seguito, di fronte all’inevitabile rottura dell’ortodossia calvinista, una seconda generazione di predicatori si mostra più tollerante, e si diffonde la richiesta di libertà religiosa e di separazione tra Stato e Chiesa. In questo senso molti pensano che la Riforma, soprattutto in ambito calvinista, abbia favorito l’individualismo e la democrazia tipici del mondo moderno.  Gli stessi Lutero e Calvino non sempre seguono la Bibbia alla lettera, perché ciò avrebbe portato in molti casi al ripristino dell’ebraismo originario. Tra le poche cerimonie esteriori che vengono salvate, vi è la funzione domenicale, resa però poco più che simbolica, quasi una riunione per ringraziare Dio, soprattutto attraverso il canto. Solo due sacramenti su sette sopravvivono: il battesimo e l’eucarestia. Quest’ultima genererà scontri dottrinali tra i grandi riformatori, a partire da quello tra Lutero e Zwingli. Il monaco di Wittenberg propugnerà sempre la presenza reale di Cristo nelle specie sacre del pane e del vino, ma la generalità dei protestanti finirà col credere al valore semplicemente simbolico dell’eucarestia.  La dottrina protestante dei sacramenti diverge da quella cattolica: i sacramenti sono considerati validi in quanto creduti dal fedele, non in quanto impartiti da un pastore. Solo la fede salva, solo Cristo salva.