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Il principio “Sola fides” è alla base di tutta la teologia protestante. Lutero, seguito da quasi tutti i successivi riformatori, sostiene che la salvezza deriva solo dalla fede, non dalle opere. Il pessimismo radicale di Lutero, confermato dalla sua stessa personale esperienza spirituale, lo porta a pensare che gli esseri umani nascano a tal punto corrotti dal peccato originale, da non poter meritare la salvezza in base alle loro opere, e addirittura da non riuscire a vivere reprimendo le azioni e i desideri malvagi. Non ci sono santi su questa terra, e non esiste il libero arbitrio. Preda del Maligno, che domina il mondo esteriore e materiale, gli uomini sono destinati tutti all’inferno. Ma giacché Dio non è solo giusto, ma anche buono, egli salva alcune anime, una minoranza, nonostante i peccati (“pecca fortiter, sed crede fortius”). Si salvano dunque solo coloro ai quali Dio concede la grazia, per motivi che noi non riusciamo a capire (“gratia gratis data”). Si tratta dell’importantissima dottrina protestante della predestinazione, che Lutero chiama “giustificazione per fede”. Infatti la fede può essere un segno della predestinazione. La predestinazione è dimostrata anche dal fatto che Dio, essendo onnisciente e quindi anche presciente, conosce in partenza la mia sorte soprannaturale, e non può essere certo indotto a modificarla in base ai miei comportamenti (che sono anch’essi già stabiliti in partenza).

La grazia e la fede si ritrovano solo nell’interiorità della coscienza del cristiano, che rifiuterà ogni cerimonia esteriore.

La dottrina delle fede e della grazia, dal punto di vista dei protestanti, è vista come la restaurazione del semplice e anti intellettualistico cristianesimo primitivo. La fede rifiuta ogni razionalizzazione della religione, e ogni pretesa umanistica di realizzare il bene durante la vita terrena. Lutero riprende tali idee da Agostino, che a sua volta le deriva da Paolo.