Il “Timeo”, una delle ultime opere scritta da Platone, è l’unica che si occupa di filosofia della natura. Platone in tarda età è stato indotto a rivalutarla, non a tal punto però da fargli pensare che possa esistere una scienza dei fenomeni. Infatti il nostro filosofo precisa che una descrizione della natura non potrà pretendere di essere vera, ma solo verosimile, e comunque va considerata come un romanzo, un gioco, un trastullo. Platone qui compie l’ultimo e più decisivo intervento per sanare la separatezza tra mondo ideale e mondo sensibile. Il mito del demiurgo immagina che un’intelligenza primordiale abbia plasmato una materia originaria e indistinta forgiando gli oggetti sensibili secondo il modello delle forme intelligibili. Quindi Platone si spinge a descrivere l’origine del mondo materiale. Il demiurgo nel modificare la materia deve combattere contro la sua necessità originaria per imprimere ad essa un finalismo. Per far questo, prima ancora degli oggetto, crea l’anima del mondo che tutto pervade e tutto muove in base a un fine. Quindi per Platone l’anima non è più soltanto quella individuale (della quale in tanti dialoghi ha parlato), ma anche un principio cosmico.