Listen

Description

Secondo Krishnamurti, uno dei più grandi filosofi del XX secolo, parlare di qualcun altro, sia pure in modo piacevole o malignamente, rappresenta una fuga da se stessi, e la fuga è la vera causa della nostra apprensione. Eppure, preoccuparsi degli affari degli altri sembra essere l’attività preferita di molti, come d’altronde lo dimostra la lettura d’innumerevoli riviste e pagine di cronaca dei quotidiani, con i loro racconti di omicidi, divorzi, incidenti, e via discorrendo.
Krishnamurti afferma che la causa della nostra ansia di conoscere i fatti degli altri nasce dalla nostra intima preoccupazione di cosa gli altri pensino di noi, ed è così che si creano atteggiamenti di distaccata superiorità, o di sudditanza verso persone o entità autorevoli.
E più ci rivolgiamo verso l’esterno, egli dice, più si svuota il nostro interno…. E maggiore è il nostro stimolo verso l’esterno attraverso la ricerca di sensazioni nuove e distrazioni, maggiore sarà l’impossibilità di ricercare e di scoprire cosa è dentro di noi, attraverso la tranquillità della mente.
Naturalmente, restare semplicemente silenziosi non è automaticamente indice di tranquillità della mente: essa, infatti, non deriva dall’astenersi o dal rifiutarsi, ma essa inizia nel momento in cui ci sarà la comprensione di cosa essa sia veramente, e per capire cosa essa sia veramente è necessario crearsi uno stato di “allerta”.
Tutto ciò non sarà possibile, dice Krishnamurti, fino a quando continueremo a doverci preoccupare di qualcosa per sentirci vivi, e lottare su un problema è per la maggior parte di noi sinonimo di esistenza: come immaginare infatti la vita senza problemi? E più siamo occupati a vivere un problema, più ci sentiamo – ahimè, erroneamente – in stato d’allerta. Essere in costante tensione su un problema creato in fondo dal pensiero stesso non fa che rendere opaca la mente, facendola diventare insensibile e stanca.
Questo diceva Krishnamurti.