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Noi tendiamo a credere che la parola “volto” indichi il lato esteriore di una persona. Tuttavia, in ebraico, il termine usato per “volto” è “panim”, che viene dalla stessa radice di “pnim”, che significa “interiore”.
Nella lingua ebraica – la lingua santa della Creazione – le cose vengono nominate in base alla loro essenza. In questo caso, l’ebraico ci insegna che l’essenza di un volto è l’opposto di ciò che noi pensiamo abitualmente.
Per molti di noi, il volto è una maschera per i nostri sentimenti piuttosto che l’espressione della nostra personalità e della nostra più profonda santità. Abbiamo imparato a sorridere anche quando stiamo male o a piangere in modo ingannevole o a simulare la tristezza. La lingua ebraica ci insegna cosa deve esprimere il volto, non quello che noi vogliamo esprimere.
Il segno della santità di una persona si evidenzia quando la sua interiorità coincide con la sua esteriorità, e noi siamo in grado di riconoscerlo. Di solito, quando si incontra una persona di questo tipo si dice che lui/lei ha un’aura, una luce particolare. Il Libro di Koèlet (8,1) afferma: “La saggezza di un uomo riluce nel suo volto”.
Nel volto di una persona santa noi scorgiamo come una luce, perché il suo volto riflette la sua anima.
~Rav Simon Jacobson, “60 Days: A Spiritual Guide to the High Holidays”