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Description

Questa poesia sulla paura di Joy Harjo, poetessa nativa americana, ci insegna come lasciare andare la paura, a lungo coltivata presso le popolazioni indigene oppresse, e come liberarsene grazie alla disidentificazione.

Ti metto in libertà, mia splendida e terribile

paura. Ti metto in libertà. Eri la mia amata

e odiata gemella, ma ora, non ti riconosco

come me stessa. Ti metto in libertà con tutto il

dolore che sentirei alla morte delle

mie figlie.

Tu non sei più il mio sangue.

Ti restituisco ai soldati bianchi

che hanno bruciato la mia casa, decapitato i miei figli,

violentato e sodomizzato i miei fratelli e sorelle.

Ti restituisco a coloro che hanno rubato il

cibo dai nostri piatti quando noi morivamo di fame.

Ti metto in libertà, paura, perché continui a tenere

queste scene davanti a me e io sono nata

con occhi che non possono mai chiudersi.

Ti metto in libertà, paura, così non puoi più

tenermi nuda e raggelata in inverno,

o farmi soffocare sotto le coperte in estate.

Ti metto in libertà

Ti metto in libertà

Ti metto in libertà

Ti metto in libertà

Non ho paura di provar rabbia.

Non ho paura di gioire.

Non ho paura di essere nera.

Non ho paura di essere bianca.

Non ho paura di aver fame.

Non ho paura di essere sazia

Non ho paura di essere odiata.

Non ho paura di essere amata.

di essere amata, di essere amata, paura.

Oh, mi hai strangolato, ma io ti ho dato il laccio.

Mi ha pugnalato nelle viscere, ma io ti ho dato il coltello.

Mi hai divorato, ma io mi sono sdraiata nel fuoco.

Hai preso mia madre e l’hai violentata,

ma ti ho dato il ferro rovente.

Riprendo me stessa, paura. Non sei più la mia ombra.

Non ti terrò tra le mie mani.

Non puoi vivere nei miei occhi, nelle mie orecchie, nella mia voce,

nel mio ventre, o nel mio cuore mio cuore

mio cuore mio cuore

Ma vieni qui, paura

Io sono viva e tu hai così paura

di morire.