Un vino giovane, del 2023, ma molto interessante, che parla una lingua particolare. È parte di quella che viene considerata una "Borgogna marginale" – qualcuno la cita anche come "Borgogna del Sud", quando tanto del Sud non è, perché parliamo di una latitudine superiore ai 46 gradi. Se immaginate che qui siamo a 43, vuol già dire che in fondo tanto calore non c'è, nemmeno al giorno d'oggi.
La Côte Chalonnaise è una delle cinque grandi regioni della Borgogna, come ben sapete: quindi lo Yonne, l'Auxerrois (quello dello Chablis), la Côte-d'Or divisa tra Nuits e Côte de Beaune, la Côte Chalonnaise e il Mâconnais. La Côte Chalonnaise è probabilmente in questo momento l'area di conquista, cioè dove il fatidico rapporto qualità-prezzo – questa definizione che dice cose ma a volte è anche un po' abusata o non ben motivata – diciamo che in quest'area della Borgogna è ancora molto, molto significativo. Infatti i grandi buyer americani, i grandi buyer londinesi... In questo momento a Londra o a Parigi le grandi carte dei vini ospitano molta Côte Chalonnaise.
La Côte Chalonnaise si divide in cinque macro-comuni che hanno anche delle particolarità originalissime. Il primo, partendo da nord – tra l'altro ci troviamo molto vicini ai comuni "mostri" della Côte de Beaune, siamo a circa una decina di chilometri da Chassagne-Montrachet – il primo comune scendendo, quindi guardando giù verso Lione, è **Bouzeron**, che ha questa caratteristica meravigliosa: ha come denominazione un unico vitigno, che è l'Aligoté. Mai come in questo periodo storico in Italia si sta consumando, vedendo, trovando Aligoté, ok? E Bouzeron è proprio la grande patria, l'anima pulsante.
Scendendo, i comuni sono **Rully**, **Mercurey**, **Givry** e **Montagny**. Montagny in fondo, che quindi è l'antitetico a livello di posizione geografica, ospita solo Chardonnay come appellation. Rully, dei cinque comuni – calcolate che parliamo di 350 ettari più o meno, di cui solo un centinaio dedicati al Pinot Nero, di cui solo circa 20 a Premier Cru, e noi ne stiamo bevendo uno di quelli – quindi parliamo di una cosa che nel mondo vale 20 ettari suddivisi in una miriade di produttori, ok?
Però, ecco, Rully dei cinque comuni è l'unico che riesce a esprimere una qualità media molto interessante sia sullo Chardonnay sia sul Pinot Nero. L'altro Côte Chalonnaise che trovate spesso in Italia è Givry – di Joblot, che è un'ottima azienda – però solo attraverso il Pinot Nero, anche se sono Pinot Nero più consensuali, che ammiccano più sul frutto. Mentre Rully è un pochino, lo state notando nel bicchiere, un pochino più nervoso e anche più critico da leggere.
E poi c'è **Mercurey**, che è il grande territorio di conquista e la denominazione nettamente più grande, una delle più grandi appellation della Borgogna. Mercurey sono Pinot Nero molto generosi e, in tempi lontani, la Côte de Nuits attingeva molto anche per alcuni tagli, diciamo, per alcune "sistemazioni" delle grandi denominazioni della Côte de Nuits – da Gevrey ai Vosne-Romanée, ai Morey-Saint-Denis – che spesso avevano bisogno di un po' di spalla dall'Aligoté.
Quindi, grazie ad Andrea che con il suo punto vendita – senza fare la gara a chi si scambia più complimenti, che poi magari la perdo e mi dispiacerebbe – sugli aggettivi non vorrei peccare, però è molto attento anche nel captare certe cose. Quando, sentendoci, gli ho parlato di questo progetto, di questa piccola distribuzione aggregata a questo super-Mattagronchi con Torre a Cona – che lui conosceva molto meglio di me e prima di me – ma gli ho parlato di questa piccola cosa della Côte Chalonnaise, ha subito alzato le antenne perché ha detto: "È la Borgogna di cui è giusto riappropriarsi"...