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In virtù del rispetto della dignità umana e del fine rieducativo della pena, ogni detenuto ha il diritto soggettivo all’alimentazione, ossia a ricevere nutrimento per il proprio sostentamento, ma non ha un diritto soggettivo alla scelta di alcuni specifici alimenti che vorrebbe far entrare in carcere, così come questa interpretazione non permette la possibilità di fare reclamo al magistrato di sorveglianza in caso di diniego di alcuni alimenti da parte dell’amministrazione penitenziaria.

Il caso di specie riguardava la vicenda di un uomo, ristretto in regime di 41 bis, al quale l’amministrazione ha negato l’ingresso in carcere di farine e lieviti, ritenendoli elementi idonei alla possibile fabbricazione artigianale di esplosivi, azionabili con gli accendini che i detenuti Possono avere a disposizione, andando a qualificare tale diniego non alla stregua di una lesione di un diritto soggettivo all’alimentazione bensì quale scelta amministrativa, alla luce di valutazioni di idoneità e sicurezza all’interno dell’istituto penitenziario.