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"Nonostante il passaggio di Ethereum alla Proof-of-Stake, Bitcoin non ha annunciato piani per un cambiamento simile".

Chissà se alla Casa Bianca - prima di pubblicare il Report Economico del Presidente 2023 - avranno cercato comunicati stampa o dichiarazioni dell’amministratore delegato di Bitcoin. Una dichiarazione di intenti, un piano di sviluppo pluriennale, insomma qualcosa che rendesse chiara la roadmap di Bitcoin per il prossimo futuro.

Chissà, poi, chi o cosa avranno cercato nello specifico: Bitcoin Inc, Bitcoin LLC, Satoshi Nakamoto? Si saranno forse chiesti se Bitcoin sia una società quotata sul Nasdaq o sul Dow Jones. Giorni persi a cercare un qualche documento riconducibile alla governance di Bitcoin. Niente.

Gli autori del report si saranno trovati davanti al nulla più assoluto, costretti a scrivere che Bitcoin non ha annunciato alcun passaggio all’algoritmo di consenso Proof-of-Stake. Un po’ come dire che Internet - interpellata dalla stampa sul suo consumo energetico - ha deciso di non commentare.

A differenza di Ethereum, la cui governance è ben poco decentralizzata e in cui i nomi e cognomi di chi comanda sono ben noti, non è possibile identificare una roadmap di una rete distribuita come quella di Bitcoin.

Bitcoin è software che viene eseguito da circa 50.000 computer in tutto il mondo, gran parte dei quali difficili da localizzare perché connessi tramite Tor. Non esistono fondazioni, uffici marketing, portavoce o uffici stampa a cui fare riferimento. I cambiamenti al software non vengono annunciati sui giornali.

Com’è noto, il codice di Bitcoin è open-source. Chiunque è libero di copiarlo, replicarlo, modificarlo e ideare nuove versioni di Bitcoin a piacimento. Infatti, la versione Proof-of-Stake esiste già, è stata creata a luglio 2020: il mercato, però, ha preferito quella originale in salsa Proof-of-Work. Dai $ 171 di novembre 2020 per un singolo bitcoin Proof-of-Stake, oggi il prezzo è di 2 centesimi.



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