Il testo esplora l'ipotesi di un "cervello collettivo danneggiato" a causa di presunti eventi avversi neuropsichiatrici legati ai vaccini COVID-19, suggerendo un calo diffuso del buon senso e un aumento dei disordini. Afferma che oltre il 70% della popolazione mondiale avrebbe subito un "vaccino" neurotossico, collegandolo a una vasta gamma di problematiche come ideazione omicida e psicosi, basandosi su uno studio di Thorp et al. Se questa premessa fosse vera, il testo propone un piano di "psico-pronto soccorso comunicativo", articolato in diverse strategie. Queste includono l'adattamento della comunicazione a un pubblico con ridotte capacità cognitive, la protezione dei "nodi sani" della rete sociale, l'integrazione di elementi di stabilizzazione emotiva nei messaggi, la creazione di "interfacce cognitive" mediate da figure come "ComunicAttori", l'adozione di una "cura narrativa" al posto del dibattito, e la creazione di spazi "decontaminati cognitivamente" per favorire la riflessione calma. In sintesi, l'autore sostiene che la comunicazione futura dovrebbe essere principalmente terapeutica, piuttosto che persuasiva, per affrontare questa presunta crisi globale.
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