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Care amiche e cari amici,

il fatto più importante di queste ore è indubbiamente l’insediamento di Joe Biden e Kamala Harris alla Casa Bianca. Dopo i disordini di Capitol Hill, finalmente cala il sipario su Donald Trump, il peggior presidente nella storia degli Stati Uniti. Si tratta di un cambiamento di dimensioni mondiali che avrà effetti anche sull’Europa e sull’Italia. Il nuovo inquilino della Casa Bianca ha già detto che vuole iniziare il suo mandato con forti investimenti sociali. È un fatto importante perché la democrazia si rilancia e si rafforza solo attraverso l’inclusione sociale dei ceti più deboli. Nelle sue primissime ore da presidente, Biden ha firmato 17 ordini esecutivi che smantellano alcune scelte della precedente amministrazione. Anche in questo caso si tratta di decisioni fondamentali come il rientro degli USA negli accordi sul clima di Parigi, lo stop all’uscita dall’OMS, il blocco della costruzione del muro con il Messico. Un buon inizio. Ora spetta a noi europei fare la nostra parte e costruire un vero stato federale con una difesa e una politica estera comune.

Sulla crisi di governo in Italia

Bene che il governo abbia ottenuto la fiducia, è un fatto positivo che consolida la svolta che si è avuta in Europa negli ultimi mesi. Mi spiego meglio. Le vicende italiane sono certamente importanti ma la vera scommessa è tutta europea. Se l’Europa fa debito comune, se prosegue nella costruzione di una vera statualità e di una vera sovranità, allora questo significa lavorare davvero per il futuro. Fare la grande politica. Non dimentichiamoci che uno dei nostri obiettivi – come italiani ed europei - è fermare la deriva nazionalista, xenofoba, razzista, populista e illiberale che Trump ha rappresentato. Negli Stati Uniti questa deriva è stata sconfitta, quantomeno nelle urne, da noi e in Europa ancora no.

Infine, un’ultima nota.

Per l’Italia c’è una questione fondamentale da affrontare, quella di dare stabilità al sistema politico. Un tema ancor più stringente dopo il referendum istituzionale che ha ridotto il numero dei parlamentari. Io sono convinto che non si possano comprimere le differenze ideologiche e politiche esistenti nel Paese all’interno di un sistema composto da due schieramenti. Questo schema ormai non tiene più, soprattutto da quando è nato il Movimento 5 Stelle. Ora occorre una nuova legge elettorale proporzionale. E dei partiti politici strutturati, non dei partiti personali. Anche per questo mi auguro che i moderati, i democratici e gli europeisti che non sono attratti dal nazionalismo, dal sovranismo e dai tratti illiberali del trumpismo riescano a organizzarsi in una forza politica.

Sopra, come ogni giovedì, trovate il podcast della trasmissione di oggi a Controradio. Con Raffaele Palumbo abbiamo parlato a lungo della crisi, del dibattito parlamentare, del voto di fiducia e delle prospettive che si aprono adesso.

Addio caro compagno Em.ma

Il 19 gennaio scorso è morto Emanuele Macaluso (1924 – 2021). La sua scomparsa lascia un grande dolore per tutti noi che abbiamo conosciuto e apprezzato il suo impegno, la sua passione, la sua capacità di analisi, il suo pensiero critico. Un compagno, protagonista del movimento comunista e della costruzione della democrazia, che ci ha insegnato a non smettere mai di “fare battaglia politica”. Questa mattina a Roma si è svolta la commemorazione davanti alla sede nazionale della CGIL, la potete rivedere e riascoltare qui: https://www.facebook.com/collettiva.it/videos/2505335626442467/.

Un caro saluto,Enrico

Sui cento anni dalla nascita del PCI

Sono in molti a celebrare la nascita del Partito Comunista a Livorno il 21 gennaio di 100 anni fa.

Alcuni lo fanno sostenendo che fu un errore quella nascita, come se non ci fosse stata una grande guerra, la crisi del riformismo socialista e la rivoluzione russa come una luce che si accendava sul mondo per le masse lavoratrici mandate a morire a milioni nelle trincee dal nazionalismo delle borghesie europee.

Anche Gramsci rifletterà poi criticamente su quella scissione che divise il proletariato, agevolando così la conquista del potere da parte di Mussolini.

Ma i comunisti, a differenza dei liberali e dei popolari, non parteciparono certo agli inizi del governo Mussolini.

Anzi, essi furono perseguitati dal fascismo e messi in galera più di tutti gli altri.

I comunisti infatti mantennero sempre una presenza organizzata nel Paese durante gli anni della dittatura e la pagarono con le torture e con la detenzione.

Furono i primi a combattere il fascismo in Spagna e furono i più numerosi tra i partigiani in Italia.

Quando si andò a votare nel dopoguerra gli italiani se lo ricordarono.

Togliatti, complice di Stalin per fuggire dal fascismo, ritornò in Italia e fece una scelta irreversibile per la democrazia, propose e realizzò l’unità delle forze antifasciste per la liberazione del Paese, e poi contribuì alla Costituzione, firmata, non a caso, dal comunista Terracini.

Quindi costruì il partito nuovo, di massa, con milioni di iscritti, di lavoratori, di gente del popolo che si organizzava per lottare per propri diritti e verso cui il partito svolse un’opera costante e instancabile di educazione alla democrazia e alla difesa della Costituzione.

La “doppiezza” è una bufala che stava solo nella testa di chi non trovava, e non trova ancora, argomenti per combatterci.

Migliaia di persone vennero licenziate negli anni cinquanta perché erano comunisti; centinaia persero la vita durante gli scioperi e nelle manifestazioni, uccise dai poliziotti.

Eppure, mai una volta, neanche quando avvenne l’attentato a Togliatti, ci fu da parte di quel partito un cedimento anche minimo all’idea di rispondere con la violenza alla violenza.

La rivoluzione armata i comunisti italiani l’avevano già fatta e vinta con la lotta antifascista e con la liberazione.

Certo nel 1956, come capirono Di Vittorio e Giolitti, dovevamo prendere le distanza dalla invasione e dalla repressione della rivolta ungherese da parte dell’Unione Sovietica.

È stato un errore gravissimo, tragico, che ci accompagnerà per un tempo ancora troppo lungo, nonostante gli sforzi di Berlinguer e i suoi strappi netti con il socialismo dell’Est.

Prevalse su tutto la necessità primaria di mantenere il partito unito e di non demolire un “mito”, che seppure falso, rappresentava ancora quel faro che ricordava che era possibile l’assalto al cielo.

La storia, a mio avviso, sarebbe stata diversa, se avessimo aderito con le nostre idee all’Internazionale socialista di Brandt e di Palme, anziché parlare a dittatori incalliti come i sovietici del valore universale della democrazia.

Ma questo non impedì al PCI di contribuire in modo determinante a tutte le riforme che hanno reso più moderno e più giusto il nostro Paese: le conquiste e lo Statuto dei lavoratori, il Servizio Sanitario Nazionale, la costruzione dei grandi servizi pubblici di una società di massa e moderna, il divorzio e l’aborto e tutto ciò che ha consentito e, per tanti aspetti, consente ancora l’inclusione e la protezione dei più deboli e bisognosi.

Quando il PCI di Berlinguer, per la sua forza e autorevolezza, avrebbe dovuto cominciare ad entrare nel governo del Paese, Moro fu ucciso da chi voleva che la democrazia italiana restasse incompiuta, a cominciare da Kissinger.

Poi, ci fu il periodo dell’alternativa democratica e della questione morale: una fase di ricerca di idee e strade nuove, di critica del capitalismo e di confronto con i nuovi movimenti, ambientalista e femminista, e i bisogni nuovi della società.

Alcuni la giudicano una fase di ripiegamento.

Per me invece fornisce ancora oggi spunti importanti per definire un profilo culturale e politico della sinistra, dopo i disastri mondiali prodotti dal neoliberismo e dal capitalismo senza regole.

Il PCI non rinascerà più, ma senza una storia alle spalle da rivendicare e di cui andare orgogliosi, pur  sapendone bene anche i limiti e gli errori, la sinistra è destinata a non avere futuro, a diventare altro da sè, a perdere quel sogno di una cosa, quegli ideali di giustizia e di eguaglianza  che la distinguono e la rendono riconoscibile.

Questi ideali oggi sono molto presenti nella predicazione di Papa Francesco. Infatti, un altro insegnamento del PCI è stato il costante confronto con i cattolici e il pensiero cristiano.

Nell’ultimo congresso del partito si parlava del fatto che la stessa coscienza religiosa cristiana poteva essere di grande stimolo all’impegno per una profonda trasformazione della società in senso socialista.

Io auspico che il PD trovi il suo fondamento nei valori del cristianesimo e del socialismo democratico. 

Infine, molti riconoscono che il “miracolo” di questo strano partito comunista italiano si deve in grande parte alla elaborazione politica e culturale svolta da Antonio Gramsci nelle carceri fasciste e poi curata, ripresa e diffusa per decisione e impegno di Togliatti.

Mussolini aveva detto che si doveva impedire all’intelligenza di Gramsci di funzionare almeno per vent’anni.

Mussolini è finito nella pattumiera della storia.

Gramsci è diffuso, letto e studiato in tutto il mondo.

È tempo che a sinistra si ricominci a farlo anche in Italia.



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