Care amiche e cari amici,
dopo l'incontro della scorsa settimana a Budapest tra Salvini, Morawiecki e Orban, torniamo ad approfondire le ragioni della crescita in tutto il continente europeo delle formazioni e dei movimenti di estrema destra.
Alla base delle potenzialità espansive delle forze nazionaliste e sovraniste c'è la capacità di aver saputo rielaborare un impianto ideologico ben definito che oggi riesce a occupare gli spazi lasciati aperti dalla crisi non solo dei partiti progressisti e socialdemocratici ma anche del Partito popolare europeo.
Dice Stefano Bottoni, docente all’Università di Firenze e autore di “Orbán. Un despota in Europa”:
La vera crisi è quella dei moderati, del Partito popolare europeo, che si sta praticamente sfaldando. Il suo elettorato, assieme a quello deluso dalla sinistra, confluisce ormai sistematicamente e in modo massiccio in questi movimenti vecchi e nuovi di destra radicale. Obiettivo di Orban, Salvini e Morawiecki, assieme ad altri, è quello di creare un vero nuovo polo di destra in grado di sostituirsi al Ppe.
L'onda nera che rischia di alterare in senso illiberale equilibri e relazioni dell'Unione europea non si è fermata con la sconfitta di Trump. Anzi, ha davanti un terreno fertile per rilanciare il suo preoccupante disegno politico.
Ieri ne abbiamo parlato con Stefano Bottoni, trovate tutto nel podcast.
A proposito di autocrati
Su Facebook ho scritto un post sull'offesa recata a tutti noi europei dal turco Erdoğan, che non ha riservato una sedia alla massima rappresentante dell’Unione Europea, Ursula von der Leyen. Un comportamento in spregio alla dignità delle donne di fronte al quale il presidente del Consiglio europeo, Charles Michel, avrebbe dovuto reagire con maggiore fermezza e autorevolezza. Ho intravisto in quella mancata reazione un simbolo di subalternità.
Ieri sera il presidente del Consiglio Mario Draghi riguardo a Erdogan ha usato il termine più appropriato, dittatore, e ha parlato chiaramente di umiliazione subita da Ursula von Der Leyen. Aggiungendo però che “con questi dittatori si ha bisogno di collaborare, bisogna essere franchi per affermare la propria posizione ma anche pronti a cooperare per gli interessi”. Quest'ultimo ragionamento mi sa di reazione soffusa e intellettualistica.
Il fatto è che l’Europa delega gli affari sporchi sull’immigrazione all’autocrate Erdogan e per questo è disposta non solo a pagare ma anche a farsi umiliare e a rinunciare ai suoi sacri principi, tra cui la parità tra uomo e donna.
Così non va bene, così l’Europa nega se stessa e la sua storia migliore.
Verso una tassa minima globale sulle imprese
In chiusura, una riflessione su un fatto che potrebbe rivelarsi un cambio epocale. La segretaria al Tesoro degli Stati Uniti, Janet Yellen, ha lanciato, in occasione del suo intervento al Consiglio di Chicago per gli affari globali, il suo appello ai partner internazionali per l’imposizione di una tassa minima globale sulle imprese. E la Borsa di New York ha risposto con un rialzo record.
Come è possibile? Molto semplice: Yellen per combattere gli effetti economici della pandemia intende mettere in soffitta il Washington consensus, la teoria liberista e monetarista che ha determinato per decenni le politiche di Fmi, Banca Mondiale e Ocse, basate sulla riduzione della spesa pubblica e della imposizione fiscale.
Ora si cambia. L’obiettivo di Yellen è di convincere gli altri Paesi ad adottare una tassa minima globale che riduca la possibilità per le aziende statunitensi di delocalizzarsi in vista dell’aumento dell’aliquota dell’imposta sulle società dal 21 al 28 per cento da parte dell’amministrazione guidata dal presidente Joe Biden. Wall Street festeggia perché ha capito che i capitali delle società americane non fuggiranno dagli Usa perché dovunque andranno dovranno pagare una minimum tax globale.
Ci saranno occasioni per tornare a parlarne.
Buona giornata,Enrico