Se la scuola fosse un’attività economica, avesse un suo fatturato, l’avremmo trattata certamente meglio. Almeno al pari di altri settori colpiti dal virus.
Ferruccio De Bortoli, Corriere della Sera, 5 dicembre 2020
Care amiche e cari amici, oggi parliamo di scuola. Cerchiamo di farlo uscendo dalla retorica di tutti i giorni e mettendo a fuoco problemi e opportunità di questo tempo difficile. Insomma, in questa newsletter non parleremo di banchi a rotelle o cose simili. I temi sul piatto sono tanti: pieno accesso agli asili nido, estensione del tempo pieno, diritto allo studio delle persone diversamente abili, riqualificazione degli edifici scolastici, abolizione del numero chiuso nelle università. E il piano “Next Generation Eu”, il Piano per la ripresa dell’Europa della Commissione europea.
Le riflessioni che seguono sono, come ogni giovedì, il frutto della trasmissione che conduco con Raffaele Palumbo su Controradio (sopra potete ascoltare e scaricare il podcast). Oggi con noi c'era anche Franco Lorenzoni, maestro elementare che insegna a Giove, in Umbria. Nato a Roma nel 1953, nel 1980 ha fondato ad Amelia la Casa-laboratorio di Cenci, un centro di sperimentazione educativa. Il suo ultimo libro è “I bambini pensano grande” (Sellerio).
Dobbiamo usare l'esperienza di questi mesi per trasformare la scuola e renderla davvero il cuore pulsante della società italiana. Sarebbe il modo migliore per risarcire il debito formativo che stiamo scaricando su bambini e ragazzi a causa della pandemia e dei tagli di questi anni.
Franco Lorenzoni
Sono d'accordo con le cose che dice Franco. Anche in questi giorni parliamo troppo di cenoni, invece di insistere sulla riapertura delle scuole e su come investire in questo settore una parte significativa delle risorse del Next Generation Eu (quello che noi, sbagliando, chiamiamo Recovery Fund).
Ora è necessario che la politica volti pagina e archivi l’epoca dei tagli e delle razionalizzazioni. In Italia, negli ultimi dieci anni tutti hanno cercato di far cassa sui grandi servizi sociali e tutti quanti portiamo delle responsabilità. Come ricorda Franco Lorenzoni, il nostro paese fu l'unico in Europa ad affrontare la crisi del 2008 tagliando fondi all’istruzione, mentre tutti investivano di più. Nel 2013 la Commissione europea calcolò in 10 miliardi i tagli imposti dalla riforma Gelmini – Tremonti.
A onor del vero, è bene ricordare che allora la Commissione europea sposava la linea dell’austerità. Oggi fortunatamente non è così e, aldilà di quello che dicono i sovranisti di casa nostra, le risorse del Next Generation Eu sono fondamentali per invertire la rotta.
Sulla didattica a distanza
La riapertura delle scuole deve essere una priorità. In questi giorni mi ha colpito un dato: tra aprile e giugno 70 mila studenti con disabilità, ben un terzo del totale, non sono riusciti a seguire le lezionicon la didattica a distanza. Stiamo parlando di migliaia di giovani che hanno dovuto interrompere il loro percorso di studio.
Ma più in generale, dovremmo metterci nei panni dei ragazzi, sforzandoci di vedere le cose dal loro punto di vista. In questo momento mi sembra che siano abbandonati, come se il Paese non stesse pensando a loro. Invece dovremmo avere chiaro cosa significa per molti di loro stare a casa tutto il giorno, non poter dialogare con i coetanei, non poter socializzare. A questo aspetto se ne aggiunge un altro, altrettanto drammatico: cosa facciamo per quei ragazzi che per questioni economiche o familiari non sono in grado di recuperare le lacune in alcune materie? Insomma, si rischia un impatto devastante dal punto di vista educativo, psicologico e sociale. Per questo la riapertura delle scuole deve essere un investimento prioritario. Altrimenti non potremo guardare negli occhi questi ragazzi e dirgli che abbiamo fatto tutto il possibile per il loro benessere e la loro crescita. Sono certo che sia i ragazzi più piccoli sia gli adolescenti non sono disposti a “farsi fregare”.
Spero che nei prossimi giorni si parli meno di cenoni e pranzi di Natale. E che il 7 di gennaio si riaprano le scuole nella massima sicurezza possibile. Perché come Paese ci stiamo scavando la terra da sotto i piedi.
Sugli asili nido, sul tempo pieno e sull’edilizia scolastica
Parto da alcune considerazioni di Franco Lorenzoni, le riassumo per punti:
* Nei prossimi dieci anni sostituiremo quasi la metà del corpo docente (quello italiano è tra i più anziani d’Europa). Oggi dovremmo investire su una formazione iniziale di qualità per gli insegnanti, a tutti i livelli.
* Asili nido. Tutte le ricerche internazionali ci dicono che l’esperienza tra 0 e 3 anni è decisiva per uscire dalla povertà educativa.
* Abbiamo un milione di bambini che sono in povertà assoluta e la scuola non è solo un presidio di cultura ma anche di democrazia.
* Ripensare il tempo pieno. Inaugurato esattamente 50 anni fa, il tempo pieno viene però attivato a domanda. E paradossalmente c’è meno tempo-scuola nei luoghi dove ci sarebbe più bisogno di scuola.
* Abbiamo affrontato la crisi del 2009, unico paese in Europa, tagliando sull’istruzione. Tutti gli altri Paesi hanno deciso di investire maggiormente in istruzione e ricerca. Non dobbiamo ripetere questo errore.
* Investire sull’edilizia scolastica. I ragazzi capiscono che importanza ha la scuola anche dalla qualità del luogo che li ospita. Se un ragazzo entra in una scuola fatiscente, come può pensare che quella società crede in quell’istituzione?
* Sono investimenti i cui risultati si vedono dopo dieci anni, non dopo sei mesi. Ma sono investimenti assolutamente necessari.
Sottoscrivo tutto e aggiungo alcune note.
Il tempo pieno deve essere un punto fondamentale per la scuola di futuro. Io per esempio l’ho fatto e me lo ricordo come un momento importante nella mia formazione. Sugli asili nido: non sono un “ricovero” sociale per chi non può fare diversamente ma devono essere il primo anello dell’istruzione nel nostro Paese. Ci si lamenta del regresso demografico. Ma il primo punto è garantire a chi fa un figlio – penso soprattutto alle lavoratrici e ai lavoratori precari – la possibilità di portarlo a scuola e di non dover tirare fuori centinaia di euro al mese per pagare le rette.
L’Europa può essere un grande alleato
Iniziamo a programmare i fondi di Next Generation Eu soprattutto nella scuola. Penso alla formazione, per esempio quella tecnico-professionale. Già nel precedente settennato si sono potuti fare molti interventi grazie ai Fondi europei. Altro passaggio importante è spingere sulla formazione universitaria: l’Italia, insieme alla Romania, è il Paese che ha meno laureati in rapporto alla popolazione. Spendiamo poco rispetto alla media degli altri Paesi industrializzati. Anche il numero chiuso va rivisto: mancano medici anche a causa del numero chiuso. Senza laureati ci condanniamo ad essere un Paese perdente.
La “voglia” di scuola
In queste settimane alcuni insegnanti hanno chiesto ai ragazzi di raccontare le loro esperienze durante la didattica a distanza. Sono iniziative preziose. Dalle voci raccolte emerge chiaramente che la scuola gli manca e che hanno voglia di tornare in aula. È importantissimo leggere che per molti di loro questo è stato un periodo che ha fatto nascere “la voglia di scuola”. Forse se riuscissimo ad interpretare questo bisogno, questo desiderio troveremmo anche noi una sensibilità e un sentimento positivo per fare le cose al meglio.
Buona serata,
Enrico
Lidia Menapace, 1924 - 2020
Il 7 dicembre è morta Lidia Menapace. Una partigiana, una donna straordinaria che ha sempre detto quello che pensava e fatto quello che riteneva più giusto.
La Resistenza non fu un fenomeno militare, come erroneamente si crede. Fu un movimento politico, democratico e civile straordinario. Una presa di coscienza politica che riguardò anche le donne
Lidia Menapace