
Roma, 9 ott. (Adnkronos/Ign) - La realtà virtuale, soprattutto in Paesi come l’Italia, non è il presente ma è molto probabile che diventi il futuro. E’ uno degli spunti di riflessione che sono venuti fuori dal convegno ‘Second Life: oltre la realtà il virtuale’ che si è tenuto oggi a Roma. Spiega il professor Giovanni Boccia Artieri, dell’Università di Urbino: “Nel 2011 l’80% degli utenti internet abiterà mondi metaforici. Nel 2015 il 2% dei cittadini Usa avrà sposato nei mondi on line persone mai incontrate prima”. Eppure i contatti su SL in Italia sono in costante discesa, dopo aver toccato il picco a luglio 2007 “grazie alla forte spinta dei media”, rivela Boccia Artieri. Invece adesso escono articoli dal titolo ‘Il deserto degli avatar’ e parallelamente si registra il successo di social network come Facebook, che ha sorpassato SL ormai un anno fa riscuotendo anche un’attenzione crescente da parte di stampa e tv.
Come mai questo calo di popolarità per la ‘seconda vita’? Perché “è antidemocratica ed elitaria rispetto ai social network”, chiarisce Boccia Artieri. E poi perché richiede una partecipazione costante dato che è un ‘luogo’ dove “la tua presenza sta nell’esserci. Mentre con i blog si lasciano tracce che rimangono anche quando non li si gestisce più”. Sorprende però che SL non attecchisca neanche in un Paese come il Giappone. Il professor Junji Tsuchiya dell’università di Tokyo cita i dati della Linden Lab (la casa di produzione di SL): “Ventisettemila giapponesi si sono registrati in SL. Ci è entrato solo il 2,4% degli user nipponici e meno di un terzo di essi vuole continuare ad accedervi”. Il flop nel Sol Levante secondo Tsuchiya è dovuto “all’eccessiva commercializzazione” degli spazi virtuali operata da un marketing selvaggio.
La guerra delle marche non è solo dentro ma anche alla base di SL. Giganti come Microsoft, con ‘Live anywhere’, e Google con ‘Lively’ hanno proposto le loro ‘seconde vite’ alternative. Sony vorrebbe appropriarsi di SL per lanciarlo sulla Play Station. La Samsung ne ha adattato una versione per i telefonini di ultima generazione. Perché, come spiega il professor Giulio Lughi di Roma Tre, “se negli anni ‘80 la partita era sull’hardware, nei ’90 sul software e dal 2000 in poi sulla rete, la prossima sfida, quella degli anni ’10, sarà sui contenuti”, ovvero “quel web 3.0 di cui già parla Bruce Sterling: saltare oltre la scrittura e i mass media e recuperare quegli elementi fisici, orali, contestuali, cioè la presenza dell’utente”.
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