Sulla più alta collina dell’antica Akragas, sorge la Cattedrale di Agrigento, intitolata al suo santo vescovo, Gerlando di Besancon, cui fu affidata la diocesi dopo la conquista normanna del 1086. La Cattedrale fu costruita fra il 1096 e il 1102, come ecclesia munita, cioè fortificata, con impianto a croce latina a tre navate. Nel corso del tempo subì numerose modifiche: per questo oggi presenta uno stile che va dal normanno al gotico fino al barocco, sublimato nelle incredibili decorazioni dell’altare maggiore! La sua torre campanaria ha a lungo conservato la famosa lettera del Diavolo, appartenuta alla monaca di Palma di Montechiaro Suor Crocifissa, la famosa Beata Corbera del “Gattopardo” di Tomasi di Lampedusa.
Qui potrai ammirare alcuni sepolcri di arcivescovi e notabili, mentre in un’urna di vetro si conserva il corpo imbalsamato di San Felice Martire, in cui una leggenda popolare riconosceva Brandimarte, cavaliere di Carlo Magno, morto nel celebre duello di Lampedusa che vide tre Paladini cristiani sfidarne altrettanti Saraceni.
Se c’è un nome da ricordare nella storia di Agrigento è quello del vescovo Andrea Lucchesi Palli che, nel 1765, accanto al Palazzo vescovile fece costruire la sua Biblioteca, la Lucchesiana. Qui mise a disposizione degli studiosi una incredibile mole di volumi, quasi 20.000, di varie discipline, ma anche una collezione di manoscritti, gemme e oggetti d’arte antica.
Fu lo stesso vescovo a far incidere sul marmo il regolamento della Biblioteca, che volle aperta tutti i giorni, a tutti, per poi donarla agli agrigentini. Ma la sua “creatura” non ebbe vita facile! Alla sua morte nacque una contesa; alla Biblioteca rimasero solo il patrimonio librario, la sede e una rendita esigua. Nel 1862, con l’Unità d’Italia, aboliti gli ordini religiosi, la biblioteca passò di proprietà al Comune di Agrigento, alle cui dipendenze rimase fino al 1899 e fu un periodo di estrema decadenza!
Lo stesso Pirandello ne “Il fu Mattia Pascal” ci racconta «…sul tavolone lì in mezzo c’era uno strato di polvere alto per lo meno un dito… Precipitavano poi, a quando a quando, dagli scaffali due o tre libri, seguiti da certi topi grossi quanto un coniglio». Molti oggetti antiquari e manoscritti finirono dispersi; a periodi di chiusura si alternavano vere e proprie devastazioni, come un’infestazione di termiti, che nel 1963 fece crollare il tetto del salone e di due stanze. La frana che coinvolse Agrigento nel 1966 e il terremoto del Belice del 1968 costrinsero a trasferire le collezioni nel Museo Civico. Il tetto della sala di lettura rimase scoperchiato fin quando, grazie all’interesse di personalità come Leonardo Sciascia e Gesualdo Bufalino, non ebbe inizio nel 1978 un lavoro di restauro: la Biblioteca fu riaperta al pubblico nel 1990, restituita al suo antico splendore.