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Visitando Palma di Montechiaro non puoi non apprezzare l’incredibile bellezza della Chiesa Madre, che svetta dalla sommità di un’ampia scalinata, con le due alte torri campanarie! Ti trovi di fronte a un capolavoro del barocco siciliano, opera del 1666 di Fra’ Angelo Italia, autore della cappella del Crocifisso nel Duomo di Monreale e del piano della nuova città di Noto, dopo il terremoto del 1693.
Qui si trovava la chiesa di San Giuseppe, fondata nel 1644 e abbattuta per costruire la Chiesa Madre, consacrando al suo posto una cappella.
Ricordi la chiesa che Tomasi descrive, quando la famiglia del Principe arriva a Donnafugata? Ebbene, è proprio questa!
Entrando noterai il contrasto fra il barocco esterno e il gusto neoclassico ottocentesco degli stucchi all’interno. Qui lo spazio è diviso in tre ampie navate, con cupola sul transetto e la cantoria dell’organo; in fondo il presbiterio è cinto da splendide inferriate e dalle sontuose cappelle del SS. Sacramento e della Madonna del Rosario.
Immancabile una sosta al Monastero delle Benedettine! Monumentale sulla sua scalinata semicircolare, con la torre campanaria e un lungo affaccio finestrato, il Monastero inglobò il primo palazzo ducale e fu inaugurato nel 1659. All’interno, conserva le finestre barocche affacciate sul cortile, il parlatorio con volte a botte che dà su un giardino, con le sculture della Madonna e San Benedetto e della Madonna della Colomba Rosata.
Fu il “Duca Santo” Giulio Tomasi a costruire questo monastero. Chissà che lo scrittore del “Gattopardo” non pensasse proprio al suo ascetismo, quando descriveva il duca di Salina mentre si fustigava di fronte a Dio?
In realtà, tutta la famiglia dei Tomasi era “santa”: degli 8 figli di Giulio, 4 si fecero suore, e uno, Giuseppe, è un Santo della Chiesa.
Fra i pochi monasteri di clausura rimasti in Sicilia, questo luogo quasi inaccessibile racchiude storie e segreti inenarrabili dietro le sue grate!
Ora mi spiego! Tra le figlie suore di Giulio c’era Isabella, la cui sepoltura si trova proprio qui: si tratta di Suor Maria Crocifissa, che Tomasi descrisse come la Beata Corbera, sulla cui tomba il principe di Salina era solito pregare.
Suor Crocifissa è nota per una vicenda a metà fra leggenda e satanismo! Qui, l’11 agosto 1676, in una sorta di trance e su dettatura di Satana in persona, la Suora avrebbe scritto la Lettera del Diavolo! Si tratta di 14 righe, in un alfabeto misto fra greco e cirillico, sotto cui la suora scrisse «ohimè», unica parola comprensibile di un documento indecifrabile, oggetto di un lungo processo, i cui atti, inclusa la lettera, si conservano presso l’Archivio Capitolare della Diocesi di Agrigento.
Di questo luogo scrissero anche Leonardo Sciascia e Andrea Camilleri. Anzi, quest’ultimo negli anni ‘60 convinse La Domenica del Corriere a bandire un concorso, mettendo in palio un soggiorno di un mese ad Agrigento ,per chi fosse riuscito a decifrare la Lettera!
Nel 2017, con un programma di decriptazione e inserendo le lettere dell’alfabeto greco, latino, runico e degli yazidi, un’antica setta satanica irachena, alcuni informatici catanesi hanno potuto decodificare alcune frasi…ma forse è meglio non interpretare il contenuto di quella lettera, che andrà letta solo nel giorno del Giudizio Universale!