Di nuovo sul divano… è l’una di notte. Ho lavorato tutto il giorno per finalizzare la seconda stesura del terzo volume del Labirinto della Speranza. Quello che ormai chiamo il passaggio di cesellatura.
Perché è così: cesello le frasi. Le limo con delicatezza, cambio una parola, una virgola, restituisco la versione più fruibile possibile, quella che scivola meglio in gola.
Ho questo credo, che qualcosa, per essere davvero apprezzabile, debba essere semplice. Come Rimbaud. Ho sempre avuto la convinzione che il poeta bravo sia colui che, con poche parole semplici, riesce a toccare l’anima, a emozionare. Ed è questo che provo a fare con la scrittura di storie.
Ovviamente, le storie hanno differenze sostanziali rispetto alla poesia. La storia è un viaggio umano, almeno per me. È una cura dell’anima, sia di chi legge, sia dell’autore, sia del protagonista. La storia è didattica dello spirito, in forma di poesia.
Penso che la cesellatura di cui parlavo sopra sia il ludibrio di tutti coloro che amano la frase pulita, semplice ma ficcante. E lo ammetto, io sono così. Adoro la fase di cesellatura, perché mi rilassa. C’è chi si rilassa stirando, io mi rilasso pulendo il mio testo, rendendolo limpido come acqua cristallina.
C’è un silenzio incredibile in questo momento. Fino a mezzanotte, una festa, non so dove, sparava a mille decibel Raffaella Carrà per le strade della città. Ora finalmente si è spenta e non rimane che il rumore lontano della capitale. Una macchina, e quel silenzio pressante che preme sui timpani.
Provo piacere a condividere questa solitudine con le parole. Un altro strano paradosso della scrittura: una condivisione ritardata. Scrivo da solo, sapendo che mi leggerete e che mi rileggerò.
In questa fase, gli articoli del diario non sono cesellati, anzi. Sono dei mostri colmi di errori di battitura e sensi persi. Ma è giusto che sia così, perché quello che conta è l’autenticità del gesto. Per il resto c’è tempo.
L’autenticità… che parola complessa. Immagino di spiegarla a mia figlia di otto anni. «È il modo naturale di essere».
Penso che non capirebbe. L’autenticità, per lei, è l’unica realtà che conosce. Poi, con la perdita dell’innocenza, ecco che spesso svanisce anche lei.
Forse è così. L’autenticità è l’innocenza consapevole, quel legame con la nostra anima, il nostro io, fatto di luci e ombre, desideri e paure.
Per questo non bisogna smettere di frequentarsi. Per questo serve il silenzio, la scrittura, il pensiero. Per rimanere autentici e non finire sommersi dal rumore del mondo.
Un altro luogo dove possiamo recuperarla sono i sogni. Essi sono, per antonomasia, autentici. Ci parlano di noi. Sono indizi, suggerimenti.
Ieri ho sognato di essere in un terribile ritardo. Dovevo essere sul set alle 14:30 ed erano le 14:32 ed ero ancora a casa. Che brutta sensazione. Erano anni che non la percepivo. Chissà, forse mi sento in ritardo su qualcosa, sento la pressione della scrittura imprimersi sul mio cuore.
Ma non è così: il Labirinto della Speranza avrà da me tutto il tempo che merita. Devo fare meglio dell’Anello, rispecchiare la sua crescita, sia come autore sia come uomo.
Ora, a letto, che domani si riprende.
Alla prossima pagina.