Fare l’attore… cosa vuol dire? Che strano mestiere, no?
Faccio finta di professione. Sono un esperto manipolatore dell’emozione oppure un sincero espositore della mia intimità?
Come diceva così bene Gassman: «L’attore è una via di mezzo tra un sacerdote e una puttana.»
Quando lo dissi a Greenaway, in uno dei nostri viaggi promozionali per il suo film in Italia, la citazione gli piacque molto. Scoppiò addirittura a ridere, quasi cedendo il suo aplomb inglese.
Ma c’è un fondo di verità in questa boutade.
L’attore dona il proprio corpo, come una meretrice, al prossimo personaggio, alla scena, al pubblico.
Esegue un atto, usando come mezzo il proprio corpo. A volte d’amore, a volte d’odio, a volte di semplice quotidianità.
Ma è pur sempre un atto in cui doniamo noi stessi.
Poi, la scena, la recitazione, il gesto, hanno una loro sacralità, qualcosa di profondamente umano, misterioso ed empatico.
Qualcosa che ha a che fare con il rito, con la magia dell’arte. E quindi sì, la citazione è corretta.
Ma recitare vuol dire anche tante altre cose.
Oggi mi sono svegliato alle 06:20, per poter essere sul set alle 07:00, pronto per vestirmi, farmi truccare e pettinare.
Che per un uomo è piuttosto veloce, ma essendo negli anni ’60, il mio nuovo baffo ha bisogno di essere sistemato e i miei capelli spesso tagliati quel poco che basta per mantenere una perfetta pulizia.
Poi, dopo un caffè ed essermi vestito di tutto punto, mi preparo le scene della giornata. Le rileggo.
A volte ripasso a memoria. Ma sono come quegli studenti che non studiano il giorno prima dell’esame.
Mi piace prepararmi con largo anticipo. La memoria è un tassello fondamentale della recitazione.
Essa deve essere come un muscolo: istintiva, priva di ogni passaggio razionale.
La memoria non deve essere ricordata dalla mente, ma dal corpo.
E così, con in testa tutte le scene del giorno (a volte possono anche essere 9 scene da 4 pagine l’una, quindi uno sforzo considerevole da un punto di vista mnemonico), parto per il set, per procedere all’atto della recitazione.
Sul set, si salutano il regista, la segretaria di edizione (colei che verifica che tutto sia in continuità), poi la troupe, i tecnici.
Un bicchiere d’acqua e via, si parte.
A quel punto, non bisogna perdere la concentrazione.
Io sono uno di quegli attori che, per non perderla, scherza.
Mi piace far ridere, giocare, mantenere quella leggerezza bambinesca.
Ma questo richiede di essersi ben preparati prima, e non tutti hanno lo stesso metodo.
Quindi bisogna stare all’occhio e non disturbare troppo il proprio partner.
Uno dei grandi segreti della recitazione, che poche scuole vi diranno, è che il talento di un attore si vede anche nella sua capacità di stabilire un’alchimia con gli altri attori con cui recita. Fondamentale.
E così, una scena dopo l’altra, arriva la pausa.
Io faccio il digiuno intermittente, a modo mio — in sostanza, non pranzo.
Quindi, con la mia bottiglia d’acqua, mi metto in camerino e indovinate cosa faccio… scrivo :)
Scrivo fino a che non viene qualcuno a bussare per dirmi che «sono pronti e mi aspettano».
Il pomeriggio si svolge con la stessa energia, lo stesso entusiasmo.
E poi, verso le 18, mi cambio, torno «l’uomo dal solito tempo» e vado a casa, dove mi aspettano spesso Eleonora ed Elettra.
Cucino io, quindi quando arrivo «mi tocca».
Ma in realtà è una buona occasione per stare con loro, per chiedere cosa vogliono, e renderle felici.
E poi, dopo cena, mi ritaglio un altro paio d’ore per scrivere o occuparmi del sito, o del marketing — insomma, di tutte le imprese a lato che affronto, come sapete, con lo stesso entusiasmo della recitazione.
Ecco, questa è una giornata nella vita di un attore.
Una di quelle che lo colmano di gratitudine.