Da: «Il labirinto della speranza, vol.3»
L’aria di Cles è umida. Nel cielo, tracce di nuvole grigie hanno cancellato il candore degli ultimi giorni. Sembra avvicinarsi una tempesta. Un vento freddo accompagna Erik mentre avanza sulla ghiaia del cimitero, due rose in mano. Chiude il cancello alle sue spalle, quasi a ritagliarsi un momento di assoluta solitudine.
Fa un passo avanti. E guarda. Le tombe, le lapidi, le croci.
I nomi.
Sono tutti lì. «Chissà se stanno guardando.»
Alza gli occhi al cielo. Poi scende a terra e si perde nel vuoto.
«Alice…»
Un crampo gli stringe l’addome.
«Lea…»
«Quanti anni avrebbe adesso? Sarebbe già grande… Sarebbe andata via.» le lacrime gli scendono senza che nemmeno se ne accorga. «Cosa fanno le ragazze di sedici anni al giorno d’oggi?»
«Cosa fanno?» chiede con un filo di voce alla platea di anime che ascoltano in silenzio. Una lacrima scivola lungo la narice. Un’altra s’infila nell’angolo della bocca.
Il naso cola; si asciuga sulla barba ispida.
«Cosa fanno le ragazze di quindi anni al giorno d’oggi… Vorrei tanto saperlo.»
Singhiozza. Non ci riesce ad andare avanti. Gli manca l’aria.
Dovrebbe uscire, ma non vuole. Il suo posto è qui.
Respira.
Cerca un briciolo di forza per andare avanti. Si asciuga le lacrime. Sente di nuovo dolore. Una pressione nel petto. La testa gira, manca l’ossigeno. Si appoggia al muro.
Aspetta.
Fermo, immobile.
Una tirata di naso. Le ultime lacrime vengono spazzate via dal polso. Rimane il sapore di sale tra i peli.
«Dopo aver pianto si vede sempre meglio», pensa. «È come dopo la tempesta. Quando torna il sole, l’aria è cristallina, come un giorno nuovo.»
Cammina verso la tomba di Alice e Lea. Posa due rose.
Una rossa e una rosa. Una grande e una piccola.
Si trattiene.
Non riesce.
La mano sulla fronte, chiude gli occhi, piega la nuca come a nascondersi dal dolore del mondo.
Ma il dolore è dentro, e dentro non c’è via di fuga; è un labirinto chiuso, un cerchio senza uscita.
«Hey.. ciao.» sussurra un pensiero che si fa voce. «Qui è un casino… immagino lo sappiate già, con tutta la gente che vi arriva dall’altra parte. È morto anche un amico. Chissà… non capisco perché qualcuno voglia togliersi la vita. Perché? SaiJanda sembrava così a suo agio qui. Sorrideva sempre. Sorrideva anche da morto. Forse è così che si fa: si sorride fino alla fine, e poi si resta felici per sempre.»
«Dai, ciao. Ci si vede eh.»
Aspetta il solito segno che non è mai arrivato. O forse, pensa, che non ha mai realmente cercato.
Silenzio.
Solo un pò di vento e nessuno.
Erik sorride a se stesso. All’ingenuità.
S’incammina di nuovo sulla ghiaia, ma quando afferra la maniglia di ferro del cancello un tuono lontano rompe l’aria.
Erik lo guarda; nei suoi occhi, un lampo di speranza.
Il telefono vibra. Un messaggio.
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Erik cerca di riprendersi dall’assurdità del momento.
Nella solitudine, fisso su quello schermo paradossale, osserva il messaggio della sua palestra milanese. Non ricordava nemmeno di essere abbonato.
Sorride.
Esce dal cimitero e ne approfitta per scrivere ad Aurora.
«Tutto ok? Sto tornando.»
Nessuna risposta. Erik stringe le chiavi della macchina, guarda l’ora, è ancora in tempo per portarla in stazione, pensa.
Poi, un pensiero si libera.
Un sentore nuovo,
Un dispiacere sottile per la partenza della ragazza.
Un desiderio di rimanere,
Di stare.
Il testo è in primissima stesura, potrebbe sparire, cambiare, diventare una poesia in versi o una ricetta di cucina :)
Ovviamente, se vi è piaciuto, sentitevi libere e liberi di condividerlo. Magari conoscete lettori impazienti di masticare un po di parole.