Uomini e donne non si ammalano allo stesso modo. L’effetto delle terapie e persino la percezione e la gestione del dolore sono differenti a seconda del genere.
Oggi lo diamo quasi per scontato, ma solo negli ultimi anni si è profilata una medicina di genere. Un approccio che va oltre gli aspetti specifici legati alla riproduzione, ma che tiene conto anche dell’influenza delle differenze socioeconomiche e culturali sullo stato di salute e di malattia di ogni persona.
Crescono i dati epidemiologici, quelli clinici e sperimentali. La medicina di genere sta colmando uno storico divario di conoscenza, figlio di un’impostazione legata ad un passato in cui per contingenza e poca attenzione alle questioni di genere, la scienza si concentrava solo sull’uomo.
In gioco ci sono la salute, la qualità di vita e il benessere con implicazioni sociali, lavorative ed economiche. Anche questa è sostenibilità.
Ne parliamo con Gianpiero Capra, responsabile dell’Area riabilitazione della Formazione continua SUPSI e Lia Sartor, fisioterapista specializzata in riabilitazione pelvica.
Per scoprire i contenuti della Formazione continua SUPSI visita Augmenta. Blog.