Il 3 giugno scorso Ivano Casciano, titolare dell’omonimo centro ottico di Pompei, è stato assolto dalla Seconda Sezione Penale della Corte di Appello del capoluogo campano dal reato previsto all’articolo 348 del Codice penale. Si tratta di una delle numerose vicende giudiziarie scaturite dagli esposti presentati a partire dal 2016 alle procure nazionali da parte della Società Oftalmologica Italiana
L’accusa era di esercizio abusivo della professione di medico oculista, da cui Ivano Casciano era già stato assolto perché il fatto non sussiste dal Tribunale di Torre Annunziata in composizione monocratica il 24 gennaio 2024. La sentenza era stata portata in appello dalla Procura di tale Tribunale e dalla Società Oftalmologica Italiana, costituitasi parte civile.
Il professionista campano era stato accusato di aver utilizzato un tonometro come strumento per misurare la pressione oculare, secondo quanto riferito da una cliente ai Nas intervenuti presso Ottica Casciano nell’agosto 2022, nelle sue dichiarazioni rese come sommarie informazioni testimoniali.
Nella sentenza della Corte di Appello di Napoli, con motivazione contestuale, si legge che «questa Corte ritiene condivisibili gli ultimi menzionati approdi delle citate pronunce di merito, con la conseguenza che l’imputato va pertanto assolto», in quanto, pur avendo, almeno nel caso della cliente in questione, «fatto uso del tonometro (mezzo peraltro che non appare avere carattere invasivo, non entrando neppure a diretto contatto con il cliente), non risulta abbia in nessun caso effettuato diagnosi, collegate al suo utilizzo, di tipo medico-oculistico né alcuna prescrizione medica corrispondente, ma piuttosto al contrario si ha, nel caso all’esame, il positivo riscontro che, all’esito della visita medica, l’imputato si sia limitato a indicare la prescrizione di occhiali, come da ordinarie competenze professionali dell’ottico-optometrista».
«Ne consegue in definitiva che l’assenza della prova del fatto che l’imputato abbia formulato, in connessione con l’uso del tonometro, diagnosi di tipo medico o prescritto interventi terapeutici riservati esclusivamente al medico-chirurgo ovvero allo specialista oculista, essendosi invece limitato alla prescrizione di lenti correttive - e perciò restando nel perimetro della propria dimensione professionale - depone nel senso della non integrazione del reato contestato anche in ragione del principio di necessaria offensività del reato che nella specie non appare scalfitto. L’imputato va perciò assolto e la sentenza di primo grado integralmente confermata», conclude la sentenza della Corte di Appello di Napoli.
Interpellato dal nostro quotidiano, Riccardo Salomone, legale della Società Oftalmologica Italiana, ritiene che nella sentenza del 3 giugno scorso «alcuni dati di fatto non sono correttamente riscostruiti».