"Il ragazzo cantava, e ancora una volta la creatura poteva vederlo da chilometri e chilometri di distanza, anche se quell'allettante esemplare ne era ignaro. Eppure era uno di loro... impossibile sbagliare.
Quell'energia così fulgida parlava chiaro. La creatura nascosta ne riconosceva il sapore, anche se non l'aveva ancora provato.
L'essere ringhiò sommessamente, incapace di placare la furia che lo scuoteva. Affondò gli artigli nella terra. Ricacciò tra le fauci la fame.
E anche per quella notte, attese.
La voce del ragazzo era come cristallo infranto tra gli scogli, un'onda scura che si infrange sulla pietra.
Qualcuno si affacciò alla finestra, si lamentò, urlò ricoprendo quella voce dicendo che voleva dormire.
La voce che prima cantava ora si increspava, adesso rideva. Rispondeva che certe cose non potevano aspettare. Alcune cose non conoscevano il sonno.
Un'imprecazione colorita come risposta, una finestra sbattuta. Odore di rabbia. Un'altra risata. Ancora una canzone.
Il ragazzo guardò il cielo, dando pace alla sua chitarra ed al mare.
Le onde incostanti si placarono. L'eccitazione del suo osservatore crebbe, due occhi fiammeggianti nel buio. La creatura si domandò perché stesse ancora aspettando, se scopriva miglioramenti ogni giorno che lasciava scorrere.
Ma il ragazzo non era pronto. Oh, no. Non era maturo.
Non era consapevole del suo potere, così atipico per la sua razza.
Tuttavia, l'essere sentiva di non poter più attendere a lungo. La fame gli annebbiava i pensieri. La rabbia gli logorava l'animo.
E quel bell'esemplare laggiù, ignaro sulla spiaggia, che ora chiudeva gli occhi e si abbandonava al plenilunio, non sarebbe sbocciato da solo.
Banjouk gli voltò le spalle e si rintanò nel buio."
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