"Dallo specchio lo fissava un uomo, grosso, nerboruto e minaccioso.
La struttura di quelle spalle e quella vigorosità gli ricordarono in modo impressionante quella di suo padre Andres.
Sul torace disadorno, sul quale albergava soltanto uno spallaccio di cuoio o forse di pelle adornato di simboli che Den non comprendeva
(Eppure, eppure li conosco eccome, sono rune…)
si intravedevano dei tatuaggi sbiaditi che si mangiavano ogni centimetro distinguibile di pelle. Una pelle scottata da un sole che, era quasi percepibile, non aveva nulla a che vedere col sole che conoscevano su quell’isola.
(Non più)
Anche quelle figure erano confuse e indecifrabili
(Magici, sono simboli magici)
e si ramificavano lungo le braccia robuste e le grandi mani rudi di quell’individuo. La mandibola squadrata, anch’essa molto simile a quella di Andres, incorniciava quell’espressione dura e fiera non sbiadita dallo sfregio che da lì arrivava fino alla guancia sinistra, varcando le labbra piene e carnose dell’uomo misterioso.
I capelli, neri come pece e crespi, gli ricadevano sulla schiena copiosamente come onde impazzite. Erano tirati indietro da qualcosa che Den non identificò perché fu rapito da quello sguardo, quegli occhi blu acceso che fiammeggiavano di vita, in cui tante e tante storie parevano nascoste.
Quegli occhi avevano creato e distrutto.
Avevano amato, allevato, inventato e soprattutto, avevano ucciso.
Quegli occhi lo incastrarono in quel momento cristallizzato nell’eterno, scovarono la sua coscienza e si riconobbero da sé.
Diavolo, quelli erano i suoi occhi.
Quell’uomo era Dennis."
Effetti sonori:
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