"Bastava un momento di distrazione e il mio mondo era così, frammenti di vuoto e di buio che lottavano per divorare me e la mia fermezza di non crollare, fermo al centro del mio microscopico spazio di forza in quel gigantesco universo contorto.
Bastava un secondo e chi mi circondava era troppo distratto per me, non era mai il momento. C'era sempre altro di più importante.
Si beffava di me in pubblico e in privato cercava di farmi sentire colpevole anche se non ero solo io a sbagliare.
Diceva di volermi bene e mi pugnalava senza neanche preoccuparsi di mirare alla schiena. Puntava al mio cuore librando visivamente un pugnale e mascherandolo con qualche sorriso di plastica e con le belle parole.
Dolore. Buio. Claustrofobia.
Cose che avrei potuto fare solo io, e che se non le avessi fatte io, sarebbero rimaste lì a puzzare e peggiorarmi l'esistenza.
Tutto sembrava puntare a me, sempre, mascherandosi nelle persone che amavo di più e nei posti che un tempo avrei chiamato casa
.Ed è così che le mie braccia si rafforzavano, tirandomi fuori da quelle voragini.
Era un gioco di forza, ed io lo sapevo.
Lo era sempre.
E nessuna parte del mio essere era stata progettata per perdere, neanche se sanguinavo ancora."
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