"Bello schifo. Mi siedo su una panchina-libro cercando l’antidolorifico, e vedo uno stivale avvicinarsi al mio perimetro. Sollevo lo sguardo verso Lisa. Se ne sta a fissarmi con le braccia incrociate, e la chioma raccolta che sembra sottolinearle l’espressione tesa sul viso. Mmmmh. Ultimamente fa spesso quella faccia. Niente di buono. Faccio finta di niente e rilasso la schiena sulla panchina, accavallando una gamba, lo zainetto appoggiato in grembo. “Anvil, cosa c’è che non va? Non hai detto una parola.” Dice lei infatti, dopo qualche secondo.
Snocciolo una pasticca silenziosamente con le mani nascoste dallo zaino, richiudendo la zip della tasca senza farmi notare.
“Non c’è niente.” Rispondo, rialzandomi in piedi per fingermi in forma, nascondendo la pasticca nel palmo chiuso.
Il volto di Lisa si contrae in qualcosa che non conoscevo, lasciandomi spiazzata. Non è solo preoccupazione, c’è anche qualcosa di esasperato in quegli occhi, qualcosa di tanto intenso da far sembrare Lisa molto più adulta di quanto non sia ora.
Retrocedo di un passo, e non lo faccio nemmeno apposta. Mi fermo solo perché la panchina mi impedisce di indietreggiare oltre.
“Anvil. Io sono tua amica.” Il suo sguardo si ammorbidisce. “ Lo sai che se hai qualche problema, ci sono.”
Provo un brivido strano. È una frase ripetutami molte volte, ma mai in un tono simile. Sembra più grave, più serio, come se volesse spingermi da qualche parte. “Perché mi dici questo un'altra volta?” Mi sforzo di ridacchiare. “Nell’ultimo mese ti sei incantata, eh?” Infilo la pastiglia in tasca.
“Da quant’è che i tuoi non mettono piede in casa, Anv?”
La domanda è così chiara, diretta e inaspettata, da rimbombarmi in petto come l’eco di un’esplosione e da riuscire a distruggere il mio sorrisetto di circostanza. Distolgo lo sguardo, non facendo in tempo a trattenermi, cercando di fissare una qualsiasi altra cosa. La folla deambulante, le vetrine, le prime bancarelle in allestimento.
Come cazzo ha fatto a capirlo?"