"Forza, Anvil. Fai uno sforzo. Andiamo.
“Non molto. In questo periodo sono un po’… assenti. Ecco.”
L’ho detto. Pace e bene.
Pensavo mi domandasse “assenti in che senso”, dal momento che Samuel si è limitato a inventare un viaggio di lavoro in cui i miei sono occupati, per spiegare la loro mancanza nei confronti del corpo scolastico. Nessuno tra i docenti sa della loro sparizione, e quindi non mi aspettavo certo qualche battuta del tipo “eh lo so, tra un po’ non li vedi neanche in
cartolina!”. Sarebbe stata più probabile una domanda, appunto. Invece, Lepri non chiede.
Mi arruffa i capelli abbastanza a lungo, senza guardarmi più.
“Devi liberarti di questa scuola se vuoi andartene da casa.” Aggiunge improvvisamente.
Fisso il suo profilo, presa nuovamente di sorpresa.
Ha capito anche questo? Ha capito che voglio andarmene da lì? “Lo so. E voglio impegnarmi.” Mi gratto il naso. “Anche se questa scuola non l’ho scelta, e non mi piace. Anche se non è questa scuola, quello che vorrei fare.”
Scorgo un assistente di sostegno dimenarsi sulla fotocopiatrice accanto alla tromba delle scale, forse non capendo come funzioni, e mi viene da ridere. Pino sbuca dal niente e lo raggiunge, premendo qualche tasto per spiegargli come si fa, mentre davanti a noi la capelli-ossigenati trascina con sé il carrello delle pulizie infilandosi nei bagni delle femmine.
“E che cosa vorresti fare?”
Lo guardo, immersa in questo flusso di domande inaspettate mai proposte prima da nessun altro, un po’ grata, un po’ timorosa per questo.
Lepri attende, mascella serrata.
Contemplo nuovamente la finestra, e al pianterreno colgo la sagoma di Calista (va, chi c’è) guadagnare il corridoio in lunghe falcate, stretto nella sua inamidata divisa, tutto accalorato, rosso in volto. Scuote il torcione nel parlare con la prof di antologia… chissà. Magari sta discutendo del cellulare. Pensare questo mi fa meccanicamente venire in mente Piero, al solito, e la curiosità su cosa sia successo cresce.
Appallottolo le maniche dentro le mani gelide, ispezionando la punta dello scopettone che sbuca a intermittenza dal bagno.
Non mi va di dire a Lepri del doppiaggio. Non so perché.
Lo sanno quattro persone contate, ed io non ne parlo mai dei miei sogni. Dondolo sulle converse, e alla fine, dopo una pausa sembratami interminabile, rispondo.
E mento.
“Non lo so.” "