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"E ogni tanto lui mi guarda, io lo guardo, e capita questa cosa strana.

Che rimaniamo qualche secondo in silenzio a fissarci, sempre congelati in uno di quei momenti infiniti, sta volta arrivati così, senza bisogno che qualcuno ci suonasse dentro.

E poi ricominciamo a parlare, come se non fosse successo nulla.

Ci salutiamo, e mentre attraverso la strada non sento più dolore, sorpresa da me stessa.

Sento solo di camminare sulla corrente elettrica, accompagnata da un’intensa curiosità e da una sconosciuta felicità pulsante.

Solo che, varcando il cancello pedonale del mio condominio, ci metto poco a cambiare umore.

Un agitato ammucchiarsi di gente rumoreggia nel cortile, sferzato dalle luci bianche dei lampioni. Mi avvicino, confusa, cogliendo gli sguardi crucciati dei presenti, riconoscendo parecchi condomini tutti stretti nei propri cappotti. Parlottano, irrequieti, pallidi sotto a questo chiarore.

Ma che succede?

Una lingua di fumo, visibile nonostante la scarsa luminosità, fuoriesce copiosa dal pianerottolo serpeggiando dal portone spalancato, aggredendomi le narici.

Il portone della mia palazzina.

Mi faccio avanti senza riflettere, ma qualcuno mi blocca parandomi con un braccio, mentre con orrore osservo il fumo continuare a strisciare fuori dalla finestra della mia cucina. La porta di casa è aperta, riesco a vedere.

Invasa dalla nube scura.

Casa mia.

Porca puttana, è casa mia che sta andando a fuoco!

La sensazione di oggi pomeriggio, mi fulmina un pensiero in testa, senza ragione. Quello stupido senso di presagio. Significava qualcosa, lo sapevo.

Mi allontano barcollando, arretrando verso il parcheggio. Solo ora noto lo spiazzo davanti la mia palazzina liberato dalle automobili. Mi volto impulsivamente a guardarle, tutte ammucchiate a casaccio nel lato ovest del condominio, ed è lì che ricevo il secondo colpo.

C’è una macchiolina color senape, in mezzo a quelle macchine. E c’è solo una famiglia, in questo condominio, con una macchina di quel colore.

…non dirmi… che…

Con un guizzo isterico mi scaglio in mezzo alla folla, ignorando i versi sorpresi e un po’ irritati di chi urto con forza. Cerco tra la gente come una matta, e non m’importa più dell’incendio, degli scoppi, dell’evacuazione del palazzo e delle macchine parcheggiate male. Spingo via le persone e cerco, con una foga che non mi riconosco.

E infine la trovo con le braccia incrociate, appoggiata a un’automobile e avvolta nel suo solito cardigan grigio.

Il volto trasfigurato dall’angoscia, i capelli rossi scomposti. Da sola.

È mia madre. "