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"“Anvil… posso farti una domanda?”

Mi volto verso Markus, concentrato sulla strada. Sembra essere parecchio serio. Annuisco.

“C’è qualcosa che non va?”

Sento una strana stretta al cuore. Distolgo subito lo sguardo, fissando l’asfalto illuminato dai fari.

“Lo so, non ci conosciamo bene. Voglio solo esserti d’aiuto. Tutto qui.” Mi rivolge un’occhiata rapida, e la sua espressione rassicurante e calda mi tranquillizza un po’.

“Cosa ti fa pensare che io abbia dei casini?” Domando, impulsivamente. Lui solleva le sopracciglia. “Mah. Sai… la prima volta, eri in pessima salute. Mi sei letteralmente svenuta davanti. E poi te la sei squagliata.” Notando che mi sto strofinando le mani, accende il riscaldamento. “… Poi… oggi ti ritrovo ubriaca, spaesata, molto irritabile e sola.” Inclina appena il capo. “Forse sbaglierò, ma per essere una quindicenne, sembri parecchio…”

“Ho diciassette anni.” Lo interrompo.

“Davvero?”

“Sì…”

“Pensa un po’.”

Uff.

Quando gli dico di fermarsi e accosta accanto al mio condominio, non spegne subito il motore e smette di parlare.

Aggrotto la fronte. Lui squadra l’entrata pedonale come se qualcosa gli si fosse acceso nella testa. Non capisco.

“Anvil…” esterna, lentamente “… ma tu abiti qui?”

No, volevo fermarmi qui un attimino per innaffiare quelle piante laggiù.

“Ehm. Sì. Certo.”

Torna a spostare l’attenzione su di me, in cerca di qualcosa. “…Il tuo cognome?”

“Scolz…” mi slaccio la cintura. “… perché?”

Lui chiude la bocca. Tira il freno a mano e spegne il motore mollando la spinta sui pedali, come disperdendo una strana tensione che teneva in corpo, e che mi è quasi sembrato di percepire sulla pelle.

Poi prende fiato, il capo rivolto davanti a sé. “Oh, bene…” Che tono strano. Lascia le mani attorno al voltante. “Beh… cosa stavo dicendo?”

“Anche questo fa parte del tuo modo di essere?” Gli chiedo, ridacchiando.

“Fare domande a caso senza contesto?”

La mia lingua si è sciolta troppo, eh?

Lui scoppia in una delle sue caldissime risate. Poi fruga in una tasca e ne estrae un foglietto. Me lo porge.

Lo guardo per qualche secondo ancora stordita dalla situazione stranissima, poi lo prendo. Leggo il nome e cognome di Mark, scopro che è un consulente matrimoniale e cose varie, così dice il suo biglietto da visita, molto elegante e parecchio serioso.

Markus mi regala un altro sorriso. “Diciamo che scarabocchiare recapiti telefonici sopra le mani altrui non è esattamente nel mio stile.”

“A-ha.”

“Se mai volessi farti una chiacchierata con questo tipo serio” Mark apre le sicure della Twingo “è tutto lì.” Poi, dopo un’altra fuggevole occhiata al condominio, si accosta al mio orecchio e bisbiglia: “Se hai letto bene, mi occupo anche di terapie per coppie. Casomai ti capitasse di avere difficoltà con quel piacente giovanotto là fuori .”

“Quale giovanotto?” Mi giro anch’io.

Un ragazzo con il cappuccio sulla testa è appoggiato al cancello pedonale.

Il mio cervello incespica in mille interrogativi.

Che ci fa Nick davanti casa mia? A quest’ora?

Aspetta qualcuno?

È sempre stato così bello o sarà l’alcool?"