"In mezzo minuto sgrappolo mille ipotesi pericolanti, tipo Magari mi sono confusa, magari quei due si conoscono e lui le ha inviato la foto con il Bluetooth, magari è pure lei una prof appassionata di murales, magari pure lei è passata a scuola proprio in quel momento e ha fatto la stessa foto dalla stessa angolazione. Ma sono tutte accampate in aria, e comunque conosco benissimo il Motorola del prof dato che l’avrò visto mille volte appoggiato sulla scrivania.
Stesso modello, stessa foto, stesso murales con stessa firma, stessa suoneria, guarda caso il cellulare del prof non si ritrova, ci manca solo un disegnino esplicativo, più chiaro di così, Anv?! Andiamo!
Allungo una mano verso il muro, cercando equilibrio, ricongiungendomi alla nausea. Porco mondo.
Istintivamente porto la mano alla tasca cercando il Nokia, neanche potessi chiamare la polizia per una sciocchezza simile, e le mie dita incontrano l’occhio greco.
-Visto? Hai trovato il colpevole del furto- bisbiglia una vocina nella mia testa. --Non c’è di che.-
“Beh, fai materializzare anche una trappola per bionde, allora, così posso fermarla” sibilo a denti stretti, aggrappando la maniglia della porta. Capitolo precipitosamente fuori dai bagni, ma nel bar la tizia non c’è più. Sta volta il colpo d’occhio non mi tradisce. È vuoto, a parte Ivan. Mi sparo all’esterno per vedere se faccio in tempo a beccarla, guardandomi furiosamente intorno, ma non vedo traccia di lei.
Solo pochi passanti che camminano sul marciapiede, inebetiti dal freddo – sembrerebbe essersi coperto il sole, come temevo -, qualche individuo seduto ai tavoli sotto al gazebo che sfogliano un giornale grigiastro facendosi un caffè, celati nell’ombra del tabacco, ma Miss capelli di rame non c’è più. I nonnetti iniziano subito a guardare i miei movimenti convulsi con curiosità, le pipe pendenti dalle loro labbra.
Poi, lo sento: il fragore di uno scooter, secco come la mia gola. Non faccio in tempo a voltare il capo che la ragazza sfreccia via su un motorino grigio, la sua chioma inequivocabile galoppa nel vento.
Tempo di mettere a fuoco i suoi stivali che lei è già scivolata verso il nulla, non riesco più neanche ad intravedere la targa.
Porca puttana.
Tiro fuori dalla tasca posteriore dei jeans alcuni spicci dimenticati lì da almeno una settimana, e per fortuna, ho soldi per biglietto e sopravvivenza. Incredibile, una botta di culo.
-No, non è incredibile-, sembra fischiare una frase nelle mie orecchie.
-È solo che mi hai portato con te.-
Deglutisco, ignorando la cosa. Non dico di sentire le voci, ma sicuramente, questo appena ascoltato era un pensiero non mio. Decisamente, no.
E non è neanche la prima volta che succede. Non è così…?
Tocco l’occhio blu dall’esterno dei jeans, indovinandone la sagoma celata dalla stoffa.
Okay. Un mistero alla volta. Non posso capire se sto impazzendo, prima c’è da risolvere sul Motorola, e prima ancora, devo togliermi da qui."