In questa recensione torniamo a parlare di fantascienza, nello specifico di New Weird. Il film di Alex Garland infatti altro non è che la trasposizione filmica, o per meglio dire della rilettura cinematografica del primo capitolo della famosa Trilogia dell'area X.
L'opera letteraria di Jeff Vandermeer appartiene infatti al genere epìgono del Weird di H.P. Lovecraft.
In questo film, costruito su una possente regia tecnica, possiamo vedere espressi più o meno consciamente principi propri della filosofia di Deleuze e della psicoanalisi di Lacan.
La sovrabbondanza di vita, i rispecchiamenti e la sostanziale casella vuota come matrice di un senso in divenire, emergono come principi di un messaggio non sempre chiaro.
Il dipanarsi della storia avanza con richiami e citazioni velate, prive della mania citazionista del genere. La recitazione, quasi a soggetto, permette di veder fiorire una Natalie Portman in forma, proprio come i comprimari.
Un film che ha qualcosa da dire, trattando di nichilismo e volontà di scoperta, ecologia e sviluppo, ma che lascia qualcosa in sospeso.
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