Fulvio Ferrari
"Festa del Racconto"
Festa del Racconto
Carpi, sabato 4 ottobre, ore 11:30
Tragedie minori. L’opera di Stig Dagerman con Elisabetta Bucciarelli, Fulvio Ferrari conduce Valeria Parrella
Autore di culto della letteratura svedese, anarchico viscerale incapace di accontentarsi di verità ricevute, Dagerman appartiene alla famiglia dei Kafka e dei Camus, dei ribelli alla condizione umana, una figura unica nel panorama della letteratura non solo scandinava. Segnato da una drammatica infanzia, intraprende molto giovane una folgorante carriera letteraria, bruscamente interrotta dalla tragica morte, scrivendo e pubblicando in pochissimi anni romanzi, drammi, poesie e racconti. «Quelle che restano oggi sono soltanto tragedie minori», dice un personaggio di un suo racconto. E sono infatti spesso «tragedie minori» quelle che Dagerman ci porta a esplorare, mo- menti in cui i protagonisti, quasi sempre adolescenti e bambini, sono costretti a riconoscere che l’ingiustizia del mondo si incarna nella loro piccola quotidianità.
Stig Dagerman
Anarchico lucido e appassionato incapace di accontentarsi di verità ricevute, militante sempre in difesa degli umiliati, degli offesi e dell’inviolabilità dell’individuo, Stig Dagerman (1923-1954) appartiene alla famiglia dei Kafka e dei Camus e resta nella letteratura svedese una figura culto che non si smette mai di rileggere e riscoprire. Segnato da una drammatica infanzia, intraprende molto giovane una folgorante carriera letteraria bruscamente interrotta dalla tragica morte, lasciando quattro romanzi, quattro drammi, poesie, racconti e articoli che continuano a essere tradotti e ristampati. Iperborea ha pubblicato Il viaggiatore, Il nostro bisogno di consolazione, Bambino bruciato, I giochi della notte, Perché i bambini devono ubbidire?, La politica dell’impossibile, Autunno tedesco e Il serpente e la raccolta di poesie Breve è la vita di tutto quel che arde.
Stig Dagerman
"L'uomo che non voleva piangere"
Traduzione di Fulvio Ferrari
Iperborea
www.iperborea.com
Maestro del racconto realistico ma anche visionario frequentatore del fantastico, erede della grande tradizione della narrativa sociale svedese e insieme originale ammiratore di Kafka: Stig Dagerman fu tutto questo. Sperimentatore e innovatore, nei suoi romanzi alterna l'adesione alla realtà a una poetica dell'assurdo dove gli universi narrativi assumono forti connotazioni simboliche. E questa versatilità emerge anche nei suoi numerosi racconti, che furono in parte pubblicati in vita e in parte raccolti solo dopo la prematura morte dello scrittore. Racconti tra loro assai diversi, e tuttavia in ciascuno ritornano i temi che caratterizzano nel complesso la sua scrittura: il terrore senza nome e senza apparente ragione che attanaglia il protagonista dei Vagoni rossi, la topografia onirica e gli ossessivi sensi di colpa nell'Uomo di Milesia, ma anche il flusso di coscienza in cui – in Dov'è il mio maglione islandese? – il narratore costruisce con un linguaggio duro, cattivo e disperato una versione menzognera e illusoria della propria esistenza per poi, reso confuso e inerme dall'ubriachezza, smontarla e rivelare tutta la propria infelicità, il proprio bisogno d'amore. Dagerman come sperimentatore, dunque, ma il suo sperimentare non è mai fine a se stesso: è piuttosto l'incessante ricerca di mezzi espressivi che permettano di presentare in modo vivo, quasi violento, le grandi questioni dell'esperienza umana. Anzitutto il senso della sofferenza e poi la costante ricerca di un amore che è allo stesso tempo indispensabile e irraggiungibile.
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